L’uomo della restaurazione modaiola e politica

Bisogna davvero chiamarsi Miuccia Prada, avere la sua potenza mediatica e godere dello stesso assoluto rispetto intellettuale pubblico e condiviso, per fare quello che ha fatto lei domenica, e cioè portare in passerella quelli che dichiaratamente sono pelli di montone ma in effetti hanno un pelo davvero lungo e non sembrano neanche nuovi, usarli come colli di cappotto e di gilet su stivali da cowboy colorati e far scoppiare l’applauso fra i molti sostenitori della linea chisseneimporta-se-la-pelliccia-finta-inquina-come-un-pozzo-di-petrolio (dal quale peraltro deriva)-purché-non-si-tocchino-gli-animali. Al di là dell’evidenza che i cappotti col collo di pelliccia, vera come in questo caso o a imitazione di, sono la grande tendenza di queste sfilate autunno-inverno 2025-2026 insieme appunto con il gilet, il velluto rasato ma anche lavorato effetto cavalry e la cravatta portata come una sciarpa, à la Théodore Chalamet, la verità è che l’Occidente - e in particolare l’Occidente boomer, perché i ventenni delle ubbie di trent’anni di lotta alle pellicce se ne infischiano abbastanza e gli asiatici hanno sempre preso i manifestanti a bastonate - ha gli armadi traboccanti delle cappe della mamma, del visone-sulla-pelle della nonna, qualcuno perfino e ahinoi di vietatissimi animali maculati di zie e prozie, ormai incartapecoriti, come scrivevamo qualche sabato fa sul Foglio, che fa male al cuore lasciar marcire, o divorare dagli insetti.
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