Iran-Israele: perché per Putin il conflitto è un'opportunità strategica?

Per la Russia, la guerra tra Iran e Israele non rappresenta una cattiva notizia, nonostante l’alleanza strategica con Teheran. Al contrario, l'escalation nel Medio Oriente offre al Cremlino una serie di vantaggi geopolitici ed economici. Il primo è il rialzo del prezzo del petrolio, aumentato del 10% in un solo giorno, con prospettive di ulteriori rialzi. Anche se alcuni analisti restano prudenti sulle dinamiche a lungo termine, Mosca trae beneficio immediato dalle tensioni in una delle aree chiave per la produzione energetica globale.
Il conflitto consente inoltre alla Russia di uscire dal suo isolamento internazionale, offrendo l’occasione di riposizionarsi come mediatore credibile sulla scena globale. Secondo indiscrezioni, Donald Trump avrebbe espresso sostegno all’idea di un ruolo attivo di Vladimir Putin nella mediazione tra le parti. Un'opportunità che amplia il raggio d’azione diplomatico russo ben oltre il dossier ucraino.
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La crisi attuale permette a Mosca di estendere i suoi canali di cooperazione con gli Stati Uniti anche su temi come il programma nucleare iraniano, la sicurezza nell’Artico, lo spazio e nuovi accordi economici. Nel frattempo, la guerra in Medio Oriente sposta l’attenzione delle cancellerie e dell’opinione pubblica dalla guerra in Ucraina, offrendo a Mosca un margine d’azione più ampio sul fronte orientale.
Putin si presenta oggi come uno dei pochi leader mondiali in grado di mantenere un dialogo aperto con la Casa Bianca, Teheran e Tel Aviv. In una recente telefonata a Trump, il leader russo ha ricordato come Mosca sia sempre stata allineata a Washington sulla questione nucleare iraniana. Nonostante le tensioni seguite agli attacchi del 7 ottobre e alla guerra in Gaza, i rapporti con Israele non si sono mai interrotti: Tel Aviv non ha imposto sanzioni alla Russia e ha mantenuto attivi i canali diplomatici.
La posizione ufficiale di Mosca rimane quella di una condanna agli attacchi "illegali" di Israele, considerati una "minaccia alla sicurezza internazionale", accusando l’Occidente di sfruttare la crisi a proprio vantaggio. Questa linea rispecchia il consueto orientamento diplomatico russo, coerente con l’inserimento dell’Iran nel fronte dei Paesi del Sud Globale, sempre più vicini alla sfera d’influenza russa.
L’Iran rappresenta per il Cremlino un “partner strategico”, come sancito da un accordo firmato ad aprile a Mosca, che prevede una collaborazione su minacce comuni ma non implica un’alleanza militare formale. Nei primi anni del conflitto in Ucraina, Teheran ha fornito i droni Shahed alle forze russe, anche se oggi questi vengono prodotti direttamente in Russia, con una capacità stimata di 2.700 unità al mese, nonostante i ripetuti raid ucraini sugli impianti di produzione.
I rapporti della Russia con i Paesi del Medio Oriente sono storicamente complessi: Mosca ha sempre cercato di esercitare influenza approfittando delle crisi regionali per rafforzare la propria posizione energetica. La perdita d’influenza in Siria, a causa dell’incapacità di sostenere Assad, ha danneggiato la credibilità russa. Un eventuale crollo del regime iraniano, uno degli obiettivi attribuiti a Israele, aggraverebbe ulteriormente la debolezza del Cremlino nella regione.
Ma oggi, con il conflitto in corso, Putin può proporsi come unico interlocutore credibile tra le parti. Una posizione che rafforza la presenza russa in un'area cruciale per gli equilibri globali e sposta il baricentro dell’attenzione internazionale lontano dal conflitto ucraino.