Ferragni risarcisce la cliente nel caso del Pandoro Pink: accordo prima della nuova udienza
Chiara Ferragni ha risarcito la signora Adriana, protagonista della vicenda legata al Pandoro Pink Christmas. La donna aveva acquistato il prodotto pensando di contribuire a un’azione benefica, salvo poi scoprire tramite i social che la donazione non era collegata alle vendite come inizialmente percepito. Dopo la denuncia, è stato raggiunto un accordo economico, stimato intorno ai cinquecento euro, anche se la cifra non è stata ufficialmente confermata.
La vicenda era emersa durante la prima udienza del 23 settembre davanti al giudice di Milano Ilio Mannucci Pacini. Il caso riguarda le campagne commerciali Pandoro Balocco Pink Christmas del Natale 2022 e Uova di Pasqua Chiara Ferragni – Sosteniamo i Bambini delle Fate delle Pasque 2021 e 2022.
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Il prossimo appuntamento in tribunale è fissato per il 4 novembre. In quella data il giudice dovrà prendere atto dell’accordo raggiunto con la 76enne Adriana e pronunciarsi sulla costituzione delle parti civili, tra cui figurano due associazioni di consumatori.
A processo, oltre a Chiara Ferragni, ci sono anche Fabio Maria Damato, suo ex collaboratore, e Francesco Cannillo, presidente del Cda di Cerealitalia. Secondo la procura, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro dalle campagne promozionali, oltre ai vantaggi non quantificabili derivati dal ritorno di immagine.
In particolare, l’operazione legata al pandoro avrebbe portato un numero imprecisato di consumatori a credere che il prezzo maggiorato del prodotto (9,37 euro rispetto ai 3,68 euro del pandoro tradizionale) contribuisse direttamente alla raccolta fondi per l’ospedale Regina Margherita di Torino. In realtà, secondo gli atti, la donazione da 50mila euro da parte di Balocco era stata stabilita a prescindere dalle vendite, mentre le società riconducibili a Ferragni avrebbero incassato oltre un milione di euro per la promozione via Instagram.
Lo stesso meccanismo, definito dalla procura come un presunto “errore di comunicazione”, sarebbe stato riscontrato anche nella campagna collegata alle uova pasquali benefiche.