Caso Garlasco, i Sempio sotto accusa: soldi in contanti, appunti sospetti e la difesa della famiglia

Un biglietto scritto a mano, contatti ambigui, chat dimenticate e movimenti bancari sospetti. Sono i quattro pilastri su cui la Procura di Brescia fonda i propri dubbi, mentre la famiglia di Andrea Sempio tenta di smontarli tra documenti e dichiarazioni pubbliche. Una difesa che arriva pur non essendo indagati, sebbene la logica li collochi tra i possibili corruttori. Al centro c’è l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, accusato di aver ricevuto tra i 20 e i 30 mila euro per favorire Sempio nel procedimento che otto anni fa lo vedeva indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.
L’inchiesta nasce dall’impulso della madre di Alberto Stasi, già condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per il delitto della fidanzata. Venditti, insieme alla pm Giulia Pezzino, chiese l’archiviazione del fascicolo, accolta nel marzo 2017 dal gip di Pavia Fabio Lambertucci. Un’archiviazione che oggi viene rimessa in discussione dalla Procura di Brescia, non la seconda del 2020 ma la prima, su cui gravano i sospetti di corruzione in atti giudiziari. Venditti respinge ogni accusa: «Non ho mai preso soldi da nessuno e archivierei ancora Sempio».
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La nuova indagine ha portato a perquisizioni nelle abitazioni dei genitori e degli zii di Sempio, oltre che a due carabinieri, Giuseppe Spoto e Silvio Sapone, accusati di rapporti poco trasparenti con la famiglia. L’inchiesta non tocca la verità giudiziaria sul delitto Poggi: Stasi resta colpevole, come ribadito anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2024, che ha respinto il suo ricorso per presunto processo iniquo.
Il cuore delle contestazioni riguarda un appunto sequestrato a casa dei Sempio nel maggio 2024: «Venditti gip archivia x 20. 30. euro». Per la Procura si tratta della prova di un pagamento per ottenere l’archiviazione, richiesta il 15 marzo 2017 e accolta pochi giorni dopo. Giuseppe Sempio ha ammesso di aver scritto quel biglietto, ma sostiene che fosse legato al pagamento degli avvocati: «Io portavo i soldi agli avvocati per le pratiche, avevamo tre difensori e andavano pagati».
La difesa prova a ridimensionare: l’avvocata Angela Taccia interpreta quella nota come riferimento a 20-30 euro per marche da bollo, non migliaia di euro. A supporto, alcuni lanci di agenzia del 6 gennaio 2017 che già parlavano di una possibile richiesta di archiviazione, smentendo i sospetti di tempistiche troppo favorevoli.
Gli inquirenti evidenziano però diverse anomalie investigative: omissioni nella trascrizione di intercettazioni, incontri sospetti di Sempio con Spoto e Sapone poco prima della sua audizione, e un interrogatorio definito troppo breve e preparato. Secondo gli atti, il giovane avrebbe saputo in anticipo alcune domande dei magistrati. La madre di Andrea, Daniela Ferrari, respinge ogni accusa: «Non abbiamo mai corrotto nessuno, non conosciamo Venditti e nessuno gli ha dato denaro».
Ulteriore punto critico sono i movimenti bancari: tra dicembre 2016 e giugno 2017 le zie paterne avrebbero versato assegni per 43 mila euro alla famiglia, mentre padre e figlio avrebbero effettuato prelievi in contanti per 35 mila euro, cifre incongrue rispetto alle loro abitudini. Anche in questo caso la replica è netta: «Abbiamo affrontato solo spese legali».
Restano sul tavolo le domande della difesa dell’ex procuratore Venditti. Il suo legale sottolinea che Venditti non era gip e non poteva archiviare personalmente: «Allora perché indagare solo lui e non anche il giudice che ha firmato l’archiviazione?». Un interrogativo che si intreccia con l’ambiguità dell’appunto sequestrato, che continua a dividere accusa e difesa.