Torno sulla strage del Salvemini dopo aver conosciuto uno dei superstiti | una piantata come quella non perdona

Dopo aver incontrato uno dei superstiti della strage del Salvemini, desidero condividere alcune riflessioni. Questo approfondimento si basa su un approccio sincero e rispettoso, volto a mantenere un dialogo costruttivo e onesto. La tragedia del 6 dicembre 1990 resta un evento che richiede attenzione e rispetto, e la mia intenzione è offrire un’analisi equilibrata, senza sensazionalismi, nel rispetto di tutte le parti coinvolte.

Questo approfondimento al mio precedente post sulla tragedia del 6 dicembre 1990 vuole essere una riflessione dettata dall’onestà intellettuale e non un’arida risposta alle precisazioni ricevute sia dall’Associazione Vittime del Salvemini, sia da Giovanni Lamanna, anche lui da sempre attivo nella ricerca della verità su quanto avvenne quella mattina: con lui ho avuto un paio di conversazioni lunghe, cordiali, sincere e del tutto costruttive. Prima di tutto credo sia opportuno fare una distinzione fra opinioni, giudizi personali e fatti acclarati: partendo da questi ultimi, prendo atto che le condizioni meteo di quella mattina erano palesemente diverse da quelle che ho rappresentato: Lamanna era lì e chi meglio di lui può testimoniare che era una giornata limpida e di bel tempo? Io però devo aggiungere che il tragico esito dell’avaria all’MB 326 sarebbe stato probabilmente identico, quali che fossero state le condizioni meteo. 🔗 Leggi su Ilfattoquotidiano.it

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Torno sulla strage del Salvemini dopo aver conosciuto uno dei superstiti: una piantata come quella non perdona.

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