Ranucci accusa il Garante: Serve un passo indietro per tutelare la democrazia

ranucci accusa

Il giornalista e conduttore di Report Sigfrido Ranucci torna a intervenire sul ruolo e sull’operato del Garante della Privacy, sostenendo la necessità di un passo indietro da parte dell’Autorità. Ospite a “Otto e mezzo” su La7, Ranucci ha dichiarato di aver ricevuto nuove querele e interrogazioni parlamentari in seguito alle ultime inchieste del programma.

Secondo Ranucci, dopo la puntata incriminata l’attenzione si sarebbe spostata sulla reazione di Report alla sanzione, piuttosto che sulle questioni sollevate dall’inchiesta stessa. Una dinamica che definisce “uno sfregio alla democrazia”. Il conduttore sottolinea che mentre per alcune cariche istituzionali, come il Presidente della Repubblica, esistono strumenti formali per l’impeachment, per il Garante non sarebbero previste procedure che portino alle dimissioni forzate.

Leggi anche Microsoft Digital Defense Report 2025

Ranucci sostiene che le informazioni emerse siano state rese possibili grazie al contributo di più dipendenti interni all’Autorità, i quali avrebbero denunciato un clima non più sostenibile. “Con quale credibilità può continuare a prendere decisioni?” afferma il giornalista, ribadendo come la questione non rappresenti una vittoria di Report, ma una perdita per il sistema democratico nel caso in cui il Garante agisca in modo non trasparente.

Nel corso dell’intervista, Ranucci risponde anche alle dichiarazioni dell’onorevole Giovanni Donzelli, respingendo il paragone con il cosiddetto metodo Boffo. Il conduttore ribadisce che l’inchiesta non sarebbe stata una ritorsione alla sanzione subita, ma il risultato di un lavoro giornalistico sviluppato nel tempo.

Ranucci denuncia inoltre una progressiva trasformazione del Garante della Privacy in un “tribunale politico”, dove decisioni e provvedimenti verrebbero influenzati da logiche di relazione e appartenenza, con conseguenze dirette sulla libertà di stampa. Molti giornalisti avrebbero manifestato a Report la propria solidarietà, pur non disponendo delle stesse risorse a tutela del loro lavoro.

Il conduttore chiarisce anche il metodo d’indagine, negando pedinamenti o acquisizioni non autorizzate di comunicazioni private: le informazioni sarebbero arrivate spontaneamente da dipendenti dell’ufficio del Garante, desiderosi di opporsi alla perdita di autorevolezza di un’istituzione che affonda le sue radici nel lavoro e nel pensiero di figure come Stefano Rodotà.

Ranucci affronta infine gli attacchi ricevuti negli ultimi giorni, distinguendo tra critiche politiche e manifestazioni di solidarietà. Sottolinea di aver percepito autenticità nelle parole della premier Giorgia Meloni, mentre afferma di aver ricevuto pressioni più intense dalla Commissione di Vigilanza Rai.

Ringrazia infine la presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo per la convocazione e il modo “equilibrato” con cui è stato gestito l’incontro, chiudendo il suo intervento senza arretrare nella difesa del lavoro giornalistico di Report.