Spalletti: Il calcio mi ha rovinato la vita, l'addio alla Nazionale mi toglie il sonno
Luciano Spalletti apre il cuore, rivelando come l’addio alla Nazionale gli abbia lasciato cicatrici profonde. Con parole intense e sincere, il tecnico toscano svela quanto il calcio abbia influenzato la sua vita, rendendogli difficile lasciarsi alle spalle questa esperienza. Un racconto di emozioni e riflessioni che ci invita a capire il lato più nascosto di un uomo che, nonostante tutto, resta un’icona del calcio italiano.

“L’esonero dalla Nazionale? Non mi passa mai. Mi toglie il sonno, mi condiziona in tutto, perché il pensiero torna sempre lì”. Con queste parole Luciano Spalletti rompe il silenzio dopo l’uscita di scena da commissario tecnico dell’Italia, in una lunga intervista rilasciata a la Repubblica. Il tecnico toscano ha ripercorso i momenti più complessi vissuti alla guida degli Azzurri, soffermandosi in particolare sul peso emotivo lasciato dall’esperienza.
“Certe volte mi sembra di essere felice, poi però dopo un attimo mi torna in testa quella cosa lì. Non sono riuscito a far capire ai ragazzi che gli volevo bene”. Spalletti torna con la memoria al giorno in cui accettò l’incarico: “Quando mi hanno proposto di guidare la Nazionale non ci ho dormito due giorni. La cicatrice sarà dolorosa anche quando avrà fatto il suo percorso di guarigione”.
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Rifiutare? Impensabile, per lui: “La Nazionale non chiede, la Nazionale chiama. Non si sceglie se accettare, non c’è una riflessione razionale da fare. Quando la Nazionale chiama, deve gonfiarsi il petto e devi metterti a piena disposizione. Ecco, forse questo è uno dei concetti che stiamo perdendo”.
L’ex allenatore del Napoli campione d’Italia nel 2023 si sofferma anche sul suo rapporto con il calcio, confessando senza filtri: “Mi ha rovinato la vita. Ho voluto più bene al calcio che a me stesso, gli ho sacrificato le persone a me più care”.
Nonostante l’epilogo amaro, Spalletti ribadisce la fiducia nei suoi uomini: “Ho detto anche a loro: non vi fate fregare da chi dice che siete scarsi. Siete di alto livello. Anche se è finita così e la responsabilità è solo mia, non mi priverei mai di Bastoni, Barella, Dimarco: del mio gruppo storico, insomma”.
“Dopo l’Europeo eravamo tornati a fare le cose giuste, ho pensato che avessimo trovato la via. Ma, come succede a volte nelle nostre campagne, tu scavi il solco per l’acqua, ma quella prende una strada sua. E scava, e scava, e alla fine si crea una voragine”.
Sui motivi del fallimento, Spalletti è netto: “In quei mesi abbiamo avuto una pressione enorme, come l’ombra di un Polifemo sulle spalle, non siamo riusciti a liberarcene. Mentre dicevamo che bisognava dare di più, non riuscivamo a fare neanche il minimo sindacale. Da marzo a giugno, dalla Germania alla Norvegia, abbiamo preso dei gol troppo banali per essere veri”.
Anche l’ultimo ritiro è stato segnato da imprevisti: “Sono successe cose inaspettate, tanti infortuni anche facendo venti minuti di allenamento. Io rigettato da un gruppo di calciatori? Se fosse vero, vorrebbe dire che ho sbagliato del tutto le mie considerazioni: io risceglierei sempre quel gruppo di uomini e calciatori”.