Magnini a Belve rilancia il caso doping: Per Sinner trattamento di favore, io massacrato

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Filippo Magnini, ospite a Belve, ha ripercorso il suo caso doping del 2018 tracciando un parallelo con le recenti accuse rivolte a Jannik Sinner. L’ex nuotatore ha parlato apertamente di una gestione diversa tra i due casi: “Sinner ha avuto un trattamento di favore, lo dico con invidia”.

Magnini ha spiegato che il tennista è stato controllato e poi scagionato nell’arco di pochi giorni, mentre lui ha dovuto affrontare un percorso molto più lungo e complesso. “Io ho avuto un trattamento diverso: lui era un atleta in attività, io sono stato trattato come una persona normale accusata di doping. Tutti gli atleti dovrebbero essere trattati allo stesso modo”. Ha aggiunto che una sentenza arrivata dopo due anni, come accaduto a lui, avrebbe avuto conseguenze pesantissime sulla carriera del giovane campione.

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L’ex nuotatore ha puntato l’attenzione anche sul ruolo dei media. “La stampa è stata corretta nei confronti di Sinner. Io sono finito su tutti i giornali e accusato senza che fosse accertato nulla. Dopo 20 anni di carriera mi aspettavo più rispetto, sono stato massacrato”.

Durante l’intervista c’è stato spazio anche per i successi costruiti in vasca e per il tema delle invidie nello sport. Magnini ha ripercorso i momenti simbolo della sua carriera, come il record conquistato in 48''200 e celebrato con un tatuaggio a forma di corona.

Francesca Fagnani gli ha chiesto se, dopo il record, fosse iniziata la paura che qualcuno potesse superarlo. Magnini ha risposto senza esitazioni: “In Italia sì. Siamo un paese invidioso, nello sport ancora di più”. Ha ammesso di aver provato a sua volta timore e rivalità: “Ho sempre avuto il terrore che qualcuno mi battesse. Quando sei in alto puoi solo cadere, e molti sperano che tu cada perché la caduta del campione affascina sempre”.

Il fuoriclasse ha concluso spiegando che la pressione si avverte anche fuori dalla vasca: “Chi spera che tu fallisca ti osserva sempre più attentamente di chi spera che tu vinca”.