Anna Laura Braghetti, la donna di via Montalcini: è morta a 72 anni l'ex militante delle Brigate Rosse
È morta a 72 anni Anna Laura Braghetti, ex militante della colonna romana delle Brigate Rosse, tra le figure più note e discusse degli anni di piombo per il ruolo svolto nel sequestro di Aldo Moro. Da tempo malata, si è spenta circondata dai familiari. La famiglia ha fatto sapere che i funerali si terranno in forma privata.
Nata a Roma il 3 agosto 1953 in una famiglia della piccola borghesia, Braghetti lavorava come impiegata quando, nei primi anni Settanta, si avvicinò alla sinistra extraparlamentare. Il percorso verso la militanza, come lei stessa raccontò in seguito, fu graduale, “un meccanismo che scatta lentamente”, fino all’adesione alle Brigate Rosse.
Leggi anche Morto Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse
Nel 1978, ancora incensurata, era parte attiva della colonna romana guidata da Mario Moretti. A suo nome venne affittato l’appartamento di via Montalcini 8, nel quartiere Magliana, dove Aldo Moro fu tenuto prigioniero durante i 55 giorni del sequestro, dal 16 marzo al 9 maggio 1978. Nell’appartamento interpretava il ruolo della padrona di casa, fingendosi la compagna di Germano Maccari per evitare sospetti.
Dopo l’uccisione di Moro, Braghetti entrò nella clandestinità e prese parte ad alcune delle azioni più violente della colonna romana. Il 3 maggio 1979 partecipò all’irruzione nella sede della Democrazia Cristiana in piazza Nicosia, durante la quale morirono i poliziotti Antonio Mea e Piero Ollanu. Il 12 febbraio 1980 fu tra gli esecutori dell’omicidio del giurista Vittorio Bachelet alla Sapienza.
Arrestata il 27 maggio 1980, venne condannata all’ergastolo. Nel 1981 sposò in carcere Prospero Gallinari, storico dirigente delle Brigate Rosse, da cui si separò in seguito. Dopo 22 anni di detenzione ottenne la libertà condizionale nel 2002.
Negli anni successivi si dedicò al lavoro sociale in sostegno di detenuti, ex detenuti e famiglie coinvolte nel sistema penitenziario. Una scelta che si intrecciava con la volontà di confrontarsi con la memoria del proprio passato.
Braghetti ha raccontato la sua esperienza in due libri: Nel cerchio della prigione (1995) e Il prigioniero (1998), quest’ultimo considerato una delle testimonianze più dirette sulla quotidianità del sequestro Moro. Dal libro nacque il film Buongiorno, notte (2003) di Marco Bellocchio.
Negli ultimi anni aveva scelto il silenzio, vivendo a Roma e dedicandosi al volontariato. Nei suoi scritti descrisse la propria storia come una frattura irrisolta: «Cercavo un modo per cambiare il mondo, ma quel sogno si è trasformato in incubo».