FdI propone legge contro il separatismo islamico: stop al velo integrale e pene più severe per i matrimoni combinati

Divieto di velo integrale nei luoghi pubblici, nelle scuole e nelle università, con sanzioni da 300 a 3.000 euro, pene più dure per i matrimoni combinati e fino a cinque anni di carcere per chi costringe o sottopone qualcuno a un esame di verginità, salvo motivi sanitari. Sono alcuni punti della proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia, illustrata in conferenza stampa alla Camera dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro insieme ai deputati Galeazzo Bignami, Francesco Filini e Sara Kelany.
Il testo, articolato in cinque articoli, mira a contrastare il separatismo islamico, definito dalla deputata Kelany come “la creazione di enclave separate dove governa la sharia, perché il separatismo genera fondamentalismo”. Tra le misure centrali, anche la regolamentazione dei finanziamenti alle moschee, con l’obbligo di maggiore trasparenza e tracciabilità delle risorse.
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Kelany ha sottolineato come il velo integrale rappresenti una “mortificazione della donna”. “Cancellare il volto di una donna significa negarne la dignità. C’è chi parla di libera scelta, ma è difficile credere che una donna voglia auto-mortificarsi. La sinistra, accecata da un buonismo ideologico, da un lato denuncia il patriarcato e dall’altro tace di fronte a fenomeni intollerabili per paura di essere accusata di islamofobia”, ha dichiarato.
Anche Delmastro ha richiamato l’attenzione sulla sottomissione femminile e sull’esigenza di vigilare sulle comunità che rifiutano i principi dell’ordinamento italiano. “In Italia esistono enclave che, in nome del separatismo, rigettano i valori costituzionali. È quindi fondamentale garantire trasparenza nei finanziamenti dei luoghi di culto e capire da chi provengono. Per le confessioni religiose che non hanno intese con lo Stato, sarà obbligatorio presentare bilanci completi e depositarli presso le Camere di commercio”, ha spiegato.
Secondo il sottosegretario, dietro alcuni finanziamenti alle moschee potrebbe celarsi un “soft power” esterno che influenza le attività religiose. “Si tratta di una norma mutuata dalla laicissima Francia – ha aggiunto Delmastro – perché non si possono più chiudere gli occhi su finanziamenti che rischiano di distorcere la libertà di culto”.