Embrioni creati da cellule della pelle umana: svolta storica nella ricerca scientifica

L'origine della vita potrebbe un giorno avere un punto di partenza inatteso: la pelle umana. Un team di scienziati statunitensi è riuscito per la prima volta a creare embrioni umani in fase iniziale partendo dal Dna ricavato da cellule cutanee, successivamente utilizzate per generare ovuli fecondati da spermatozoi. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, segna un traguardo nella ricerca, pur essendo ancora in fase sperimentale.
Gli autori spiegano che la tecnica rappresenta una “proof of concept” e necessita di ulteriori perfezionamenti per garantirne efficacia e sicurezza. L’approccio apre però scenari importanti per la gametogenesi in vitro, con possibili applicazioni nel trattamento dell’infertilità dovuta all’età o a malattie. Secondo la Bbc, potrebbe persino offrire la possibilità a coppie dello stesso sesso di avere figli geneticamente imparentati.
Leggi anche Caso Garlasco, nuova udienza a Pavia: al centro contaminazioni, Dna e impronta 33
I ricercatori dell’Oregon Health and Science University sottolineano che si tratta di un passo rivoluzionario che riscrive le regole della riproduzione. Tradizionalmente, il processo prevedeva l’unione di ovulo e spermatozoo; ora, tutto potrebbe iniziare da una semplice cellula della pelle.
La tecnica si sviluppa così: da una cellula cutanea si estrae il nucleo, contenente l’intero codice genetico. Questo viene inserito in un ovulo donato, privato del proprio materiale genetico. Fino a questo punto la procedura ricorda quella utilizzata per clonare la pecora Dolly nel 1996. L’ovulo così ricostruito non è però pronto alla fecondazione, poiché contiene già un set completo di cromosomi. Per renderlo utilizzabile, i ricercatori hanno indotto l’ovulo a scartare metà dei cromosomi in un processo chiamato mitomeiosi, fusione dei meccanismi di mitosi e meiosi.
Attraverso questa strategia, gli scienziati hanno ottenuto 82 ovuli funzionali, fecondati con spermatozoi. Alcuni hanno raggiunto le prime fasi dello sviluppo embrionale, senza però superare lo stadio dei sei giorni. “Abbiamo raggiunto qualcosa che si pensava impossibile”, afferma Shoukhrat Mitalipov, a capo del progetto.
I limiti attuali restano significativi. L’ovulo scarta i cromosomi in modo casuale, rischiando di non mantenere un corredo completo di 23 coppie. Il tasso di successo è basso, attorno al 9%, e manca il processo di crossing-over, fondamentale per la riorganizzazione del Dna. “Dobbiamo perfezionare la tecnica – spiega Mitalipov – ma questa è la direzione in cui andrà la ricerca, perché crescerà il numero di pazienti che non possono avere figli”.
Paula Amato, coautrice dello studio, evidenzia che questa tecnica potrebbe dare speranza a milioni di persone infertili e aprire nuove possibilità per le coppie omosessuali. In una coppia maschile, ad esempio, la pelle di un partner potrebbe essere utilizzata per produrre un ovulo fecondato poi dallo sperma dell’altro. Secondo i ricercatori, serviranno almeno dieci anni prima che il metodo possa essere considerato sicuro ed efficace per eventuali sperimentazioni cliniche.