Pentagono, allarme scorte: corsa Usa alla produzione di missili contro la Cina

Il portavoce del Pentagono Sean Parnell ha spiegato che “il presidente Trump e il segretario Hegseth stanno esplorando vie straordinarie per espandere la nostra potenza militare e accelerare la produzione di munizioni”, sottolineando la stretta collaborazione tra governo e industria bellica. L’operazione punta a rafforzare la capacità industriale in tempi record.
Al centro del piano ci sono i missili Patriot, gli Standard Missile-6 e i Long Range Anti-Ship Missiles, considerati fondamentali per la difesa delle basi e degli alleati nel Pacifico. L’elenco comprende anche gli intercettori Thaad, i missili Precision Strike e i Joint Air-Surface Standoff. In particolare, i Patriot rappresentano una priorità, visto che Lockheed Martin fatica a soddisfare la crescente domanda globale.
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Gli ostacoli non mancano. L’assemblaggio di un singolo missile può richiedere oltre due anni, e i costi per raggiungere gli obiettivi rischiano di superare di gran lunga i 25 miliardi di dollari già stanziati dalla Casa Bianca. Nei primi incontri di giugno, il Pentagono ha chiesto ai produttori di dettagliare come portare la produzione a 2,5 volte i livelli attuali entro sei-24 mesi. A settembre, Lockheed ha ricevuto una commessa da quasi 10 miliardi di dollari per realizzare circa 2.000 missili Pac-3 entro il 2026, ma l’intenzione è di arrivare a produrne altrettanti ogni anno, quasi quattro volte rispetto ad oggi.
Il calo delle scorte è legato anche alla guerra in Ucraina, dove dal 2023 gli Stati Uniti hanno inviato massicci quantitativi di intercettori per fronteggiare gli attacchi russi. A pesare ulteriormente è stato anche il conflitto lampo tra Israele e Iran, durante il quale Washington ha lanciato centinaia di missili di ultima generazione, riducendo ulteriormente le riserve.
Il rafforzamento della capacità produttiva è diventato una priorità strategica: l’obiettivo del Pentagono è arrivare a quasi 2.000 Patriot all’anno. Colossi come Lockheed Martin e Raytheon hanno già assunto nuovo personale, ampliato gli stabilimenti e potenziato le scorte di componenti. Tuttavia, diversi fornitori restano prudenti, temendo di investire cifre ingenti senza garanzie contrattuali da parte del governo.
Secondo il Wall Street Journal, il programma incontra dubbi sulla sua concreta realizzazione: l’assemblaggio completo di un missile richiede fino a due anni e i test dei nuovi fornitori necessitano di mesi prima che le armi possano essere distribuite alle forze armate. Restano inoltre perplessità sui fondi: il “Big, Beautiful Bill” firmato a luglio ha garantito 25 miliardi di dollari per le munizioni in cinque anni, ma gli esperti stimano che per centrare gli obiettivi del Pentagono serviranno decine di miliardi aggiuntivi.
“Per convincere le aziende ad avviare produzioni così costose – ha spiegato Tom Karako, analista del Center for Strategic and International Studies – il governo deve sostenerle con contratti concreti e risorse finanziarie. Non bastano soltanto le dichiarazioni”.