Primo decesso negli Stati Uniti per Aviaria H5N5
È morto il paziente identificato come il primo caso umano di influenza aviaria H5N5 negli Stati Uniti, un ceppo finora riscontrato solo negli animali. L’uomo, anziano e con patologie pregresse, era residente nello Stato di Washington. Secondo il Dipartimento della Salute locale, il decesso è avvenuto a causa delle complicazioni legate all’infezione, nonostante il ricovero e il trattamento ospedaliero.
Si tratta del primo caso umano di influenza aviaria segnalato negli Usa negli ultimi nove mesi e del secondo decesso umano attribuito all’aviaria nel Paese, seppur il primo correlato al ceppo H5N5. I Cdc (Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie) precisano tuttavia che il rischio per la popolazione generale resta basso.
Leggi anche Aviaria H5N5, primo caso umano negli Stati Uniti: anziano ricoverato nello Stato di Washington
Le autorità sanitarie stanno monitorando tutte le persone che sono state a stretto contatto con il paziente. Al momento nessuno è risultato positivo e non sono emerse evidenze di trasmissione da uomo a uomo.
"La persona aveva un allevamento di volatili domestici misti nel suo cortile", ha dichiarato il Dipartimento della Salute dello Stato di Washington. I campionamenti effettuati nell’allevamento hanno confermato la presenza del virus, indicando l’esposizione a pollame domestico o a uccelli selvatici come fonte più probabile del contagio.
L’influenza aviaria circola da decenni tra gli uccelli selvatici in tutto il mondo. L’epidemia da H5N1 negli Stati Uniti, iniziata nel gennaio 2022, ha mostrato una diffusione più ampia tra i mammiferi rispetto agli anni precedenti. Secondo i Cdc, nel Paese sono stati rilevati 71 casi umani nel corso dell’attuale ondata, in particolare nel 2024.
A gennaio un’altra persona anziana con patologie pregresse è deceduta dopo aver contratto il virus H5N1. Molti dei soggetti infettati hanno manifestato sintomi lievi, come febbre e occhi arrossati, mentre i quadri più severi restano meno frequenti. La maggior parte dei casi riguarda lavoratori a contatto diretto con gli animali: 41 tra addetti al bestiame e 24 tra operatori di allevamenti avicoli. Altri casi sono legati a esposizioni non precisate.
"L’influenza aviaria può rappresentare un futuro problema pandemico e non dovrebbe essere sottovalutata dalle autorità sanitarie", ha scritto Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, commentando l’episodio su X. Il richiamo arriva in un contesto segnato dall’aumento dei casi di virus H5N1 ad alta patogenicità rilevati dal 2024 tra mammiferi, in particolare nelle mucche da latte statunitensi, e in diversi casi anche nell’uomo.