Russia, Orlov denuncia torture sistematiche nelle carceri contro ucraini e oppositori politici
Oleg Orlov, fondatore di Memorial, denuncia con gravità la pratica sistematica di torture nelle carceri russe contro ucraini e oppositori politici. Un'atrocità che solleva profonde preoccupazioni sui diritti umani e sulla strada verso un vero stato di diritto. La sua testimonianza mette in luce un sistema che, secondo lui, si nasconde dietro silenzi e omertà, alimentando un clima di oppressione e paura. È urgente fare luce su questa drammatica realtà per proteggere le vittime e promuovere giustizia.

La tortura nelle carceri russe è diventata una pratica sistematica. A denunciarlo è Oleg Orlov, fondatore dell’organizzazione Memorial, che in un’intervista all’Adnkronos ha dichiarato come siano coinvolti i prigionieri di guerra ucraini, i detenuti politici ucraini e i cittadini russi accusati di terrorismo. Mancano invece dati certi sul totale dei detenuti politici russi.
Orlov, condannato nel febbraio 2024 a due anni e sei mesi per il presunto discredito dell’esercito russo, è stato rilasciato grazie a uno scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti avvenuto ad agosto dello stesso anno. Ha segnalato cinque strutture dove le torture sono praticate con regolarità: il carcere di Taganrog, Cherepovets nell’oblast di Vologda, il centro di correzione numero 10 a Monrovia, e le carceri Sizo 1 e 5 di Rostov. Taganrog, in particolare, è descritto come un vero “carcere di tortura”, dove è stata detenuta per un anno la giornalista ucraina Viktoria Roshchyna, poi restituita alla famiglia priva di alcuni organi interni.
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“La situazione in Russia è peggiorata. Il sistema repressivo è sempre più crudele. Il ricorso alla tortura è confermato”, ha affermato Orlov. Le proteste nel Paese continuano, seppur in forma individuale. La società civile russa sopravvissuta opera oggi in clandestinità, offrendo supporto a prigionieri politici e civili ucraini detenuti.
Orlov ha spiegato che non solo Memorial è attiva, ma anche numerosi gruppi di iniziativa, spesso composti da dieci o quindici persone, seguono i casi di uno o più detenuti politici, inviando pacchi, lettere, denaro per cure mediche e assistenza legale.
Secondo Memorial, i casi documentati di detenuti politici sono saliti a 975, rispetto ai 700 del 2023 e ai 400 di alcuni anni fa. Ci sarebbero poi circa 3.000 casi sospetti ancora in fase di verifica. Orlov si trova a Roma con Oleksandra Romantsova, direttrice del Centro per le libertà civili di Kiev, e Leanid Sudalenka dell’organizzazione bielorussa Viasna. I tre attivisti, premi Nobel per la pace 2022, sono attesi in Parlamento e in udienza da Papa Francesco.
“Tutti i prigionieri politici ucraini e russi accusati di terrorismo hanno subito torture”, ha aggiunto Orlov. I prigionieri ucraini trasferiti in Russia sono attualmente detenuti in oltre cento strutture senza uno status legale riconosciuto. Solo dopo una condanna possono essere inseriti nelle carceri ordinarie.
Il recente scambio di mille prigionieri tra Russia e Ucraina, avvenuto nell’ambito dei negoziati di Istanbul, è stato definito un risultato importante. Orlov è impegnato nella campagna “People First”, che punta a inserire la liberazione dei detenuti come priorità nelle trattative di pace.
“Se l’attenzione internazionale diminuisce, dopo l’Ucraina la guerra potrebbe proseguire nei Paesi Baltici o in Moldova”, ha dichiarato. Secondo Orlov, una democrazia deve sapere difendersi anche con le armi, altrimenti rischia di crollare sotto l’autoritarismo. Per questo ha espresso sostegno al programma ReArm Europe e all’aumento dei fondi per la difesa.