Francesco Bianconi i Baustelle e l’arte di tenersi interi

Nel suo studio, Francesco Bianconi ha una carta da parati che sembra uscita da un romanzo. Foglie verde petrolio, venature oro e un occhio enorme che ci fissa da sopra il pianoforte, come se un botanico impazzito avesse deciso di decorare la stanza delle rivelazioni.L'atmosfera è soffusa, quasi teatrale, come se il tempo avesse dimenticato di passare da quelle parti. Seduto accanto a me, in carne e ossa, c'è un cantautore vero: ha la giacca, gli occhiali da sole, il foulard. Uno di quelli che fanno ancora parlare gli oggetti inanimati, che non hanno bisogno di lanciare un trend o, peggio, seguirlo.In un panorama musicale dove quasi tutto è stato smussato, Bianconi resta uno degli ultimi ad abitare un proprio romantico e viscerale mondo.«C'era una canzone di Gaber, geniale, che parlava dell'uomo che perde i pezzi: era uno che non aveva identità e non stava insieme, per cui gli si svitavano di continuo le parti del corpo. 🔗Gqitalia.it