Se a Parigi Lady Diana avesse avuto la scorta non sarebbe morta, l'accusa dell'ex bodyguard
Secondo l'ex bodyguard di #LadyDiana, la tragedia del 1997 a Parigi si sarebbe potuta evitare con una scorta adeguata. Wharfe sottolinea l'importanza della sicurezza e il ruolo di un sistema di protezione efficace.
Secondo l’ex agente di protezione Ken Wharfe, la tragedia del 31 agosto 1997 a Parigi avrebbe potuto essere evitata se la principessa Diana non avesse rinunciato al proprio sistema di sicurezza. In un documentario di Channel 5 dedicato al loro rapporto professionale, Wharfe sostiene che l’assenza di una scorta adeguata fu un fattore decisivo nella catena di eventi che portò all’incidente mortale.
Wharfe non era più al servizio della principessa di Galles da quattro anni al momento della sua morte. Aveva lasciato l’incarico nel 1993, dopo oltre sei anni trascorsi al suo fianco, maturando la convinzione di non riuscire più a garantire la sua sicurezza in un periodo segnato da profonde trasformazioni personali e istituzionali.
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L’ex ufficiale della Royal Protection entrò a far parte della famiglia reale nel 1986, inizialmente per occuparsi dei piccoli William e Harry. In seguito, a causa della malattia terminale del collega Graham Smith, fu scelto direttamente da Diana per entrare nel suo team di protezione più ristretto.
La svolta arrivò dopo l’annuncio ufficiale della separazione dal principe Carlo, comunicata da Buckingham Palace nel dicembre 1992, pochi giorni dopo l’uscita del libro di Andrew Morton. Wharfe ricorda un confronto privato con Diana a Kensington Palace, in cui la principessa appariva profondamente provata, consapevole che quella dichiarazione pubblica segnava la fine definitiva del matrimonio.
Nel corso del 1993, il rapporto professionale tra i due si fece sempre più complesso. Diana parlava spesso del desiderio di una vita più normale e di una libertà che sentiva di non avere. Wharfe racconta che quel periodo fu particolarmente delicato, perché la principessa iniziava a mettere in discussione le regole stesse della protezione personale.
Un episodio avvenuto durante una vacanza a Lech, in Austria, colpì profondamente l’agente. Una mattina all’alba, scoprì che Diana era uscita dall’hotel senza avvisare nessuno. Le tracce sulla neve portarono Wharfe a capire che la principessa si era calata dal balcone del primo piano, saltando da un’altezza di circa sei metri, un gesto che avrebbe potuto avere conseguenze fatali.
Quando Wharfe la raggiunse nella sua stanza, la trovò serena e sorridente. Diana minimizzò l’accaduto, spiegando di aver solo sentito il bisogno di aria e di non voler creare problemi allo staff. Per l’ex bodyguard, però, quell’episodio fu il segnale di un equilibrio sempre più fragile.
Nello stesso anno si verificò un altro episodio emblematico a Londra. Durante un tragitto in auto verso Kensington Palace, Diana pretese di fermarsi a fare acquisti a Kensington High Street, ignorando le regole di sicurezza e parcheggio. Di fronte al rifiuto di Wharfe, scese improvvisamente dall’auto e si allontanò a piedi, costringendo l’agente a inseguirla fino a un negozio di dischi.
Per Wharfe, quel comportamento rappresentò un punto di non ritorno. Tornato a casa quella sera, maturò la decisione di lasciare il servizio, convinto di non poter più svolgere il suo compito in modo responsabile. Il giorno successivo comunicò a Diana la scelta di dimettersi, spiegando che non era disposto a far parte di un sistema che, a suo giudizio, metteva a rischio la sua incolumità.
Poco dopo le dimissioni di Wharfe, Diana decise di rinunciare completamente alla propria squadra di protezione. Una scelta che l’ex agente ha sempre definito un errore gravissimo, sottolineando come la principessa si sia ritrovata improvvisamente senza un apparato di sicurezza strutturato.
La notizia della morte di Diana, arrivata nelle prime ore del 31 agosto 1997, lasciò Wharfe sconvolto. Da allora, ha ripercorso più volte le falle nella gestione della sicurezza quella notte a Parigi, convinto che una scorta adeguata, un’uscita coordinata dall’hotel e il controllo dei paparazzi avrebbero potuto evitare la tragedia.