Ue, nuova stretta su rimpatri e Paesi sicuri: le misure che ridisegnano la gestione dei migranti

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L’Unione europea introduce una nuova fase nella gestione dei flussi migratori. A Bruxelles i ministri dell’Interno hanno raggiunto un accordo sulla posizione negoziale del Consiglio riguardo a un pacchetto di norme che comprende il regolamento sui rimpatri, quello sui Paesi di origine sicuri, la revisione del concetto di Paese terzo sicuro e il nuovo sistema di sostegno tra Stati membri, il cosiddetto solidarity pool. I Paesi oggi considerati sottoposti a maggiore pressione migratoria sono Italia, Grecia, Cipro e Spagna.

Per il commissario europeo alle Migrazioni Magnus Brunner si tratta di una svolta nella politica di asilo dell’Ue. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha rimarcato che la linea chiesta dall’Italia è stata accolta, mentre il ministro tedesco Alexander Dobrindt parla di una vera “riorganizzazione” delle politiche migratorie europee. Piantedosi ha sottolineato la collaborazione con Francia e Germania per un approccio comune e il riconoscimento del ruolo delle Ong come possibile “pull factor” nei flussi migratori.

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Nell’Ue il clima politico si orienta verso un approccio più rigido contro l’immigrazione irregolare. La commissaria Dubravka Suica ha ribadito che i migranti irregolari devono essere trasferiti altrove. Nicola Procaccini, copresidente Ecr, ha evidenziato come ora l’Ue distingua nettamente tra migrazione legale e illegale. La posizione negoziale passerà ora al trilogo con il Parlamento europeo, in un contesto politico mutato anche nell’Aula.

I quattro provvedimenti approvati introducono cambiamenti strutturali. Il regolamento sui rimpatri permette agli Stati membri di stipulare accordi con Paesi extra-Ue per creare hub di rimpatrio, garantendo parametri stabiliti dall’Ue. Prevede misure specifiche per migranti considerati a rischio per la sicurezza, compresi divieti di ingresso a tempo indeterminato e possibilità di detenzione. L’obiettivo è aumentare il tasso di rimpatri, oggi inferiore a uno su quattro.

Il regolamento sui Paesi di origine sicuri introduce per la prima volta una lista comune Ue, che accelera l’esame delle domande di asilo considerate meno fondate. Tra questi figurano Albania, Georgia, Serbia, Turchia, Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. Secondo il ministro danese Rasmus Stoklund si tratta di un passo decisivo per rendere più rapide le procedure e facilitare il rimpatrio di chi non necessita di protezione.

La modifica del concetto di Paese terzo sicuro consente agli Stati membri di dichiarare inammissibile una domanda di asilo quando il richiedente avrebbe potuto ottenere protezione in un Paese extra-Ue considerato sicuro. Tre le opzioni: un legame del richiedente con quel Paese, un transito attraverso di esso, oppure un accordo specifico tra l’Ue e quel Paese. La norma non si applica ai minori non accompagnati.

L’insieme delle nuove regole avvalora la scelta italiana di creare centri per i rimpatri in Albania. Piantedosi ha ricordato che i centri di Gjader e Shengjin rappresentano un primo esempio operativo degli hub previsti dalle nuove norme. Anche altri Paesi si muovono in questa direzione: nei Paesi Bassi si discute un’intesa con l’Uganda, mentre la Germania sta valutando la creazione di un hub in Africa.

Accordo anche sul solidarity pool, che definisce gli impegni degli Stati non di primo arrivo a sostegno di quelli esposti a maggior pressione. Per la seconda metà del 2026 sono previsti 21mila ricollocamenti o contributi materiali equivalenti, oppure 420 milioni di euro. Piantedosi ha precisato che la priorità dell’Italia resta il controllo delle frontiere, così da non dover ricorrere al meccanismo di solidarietà.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha contestato le nuove misure, affermando che l’Ungheria non accetterà ricollocamenti né contributi aggiuntivi. Tuttavia, nel quadro europeo l’Italia ha mutato sensibilmente la sua posizione, avvicinandosi alle linee dei Paesi del Nord che chiedono un maggiore controllo dei confini per ridurre i movimenti secondari.

L’approccio italiano, incentrato oggi sul contenimento dei flussi e sul rafforzamento delle frontiere, ha favorito l’intesa con altri Stati membri. L’obiettivo è ridurre gli arrivi e facilitare eventuali accordi sulla solidarietà una volta ridimensionati i numeri, compresi quelli con i Paesi dell’ex blocco di Visegrad.