Nuova tecnica per rigenerare le cellule e rallentare l'invecchiamento
Le scoperte scientifiche più promettenti spesso iniziano con passi piccoli ma significativi. Recentemente, gli studi dei ricercatori della Texas A&M hanno aperto nuove possibilità per ricaricare le cellule e contrastare i segni dell’età. Sebbene sia presto per parlare di rivoluzione, questa scoperta potrebbe presto aprire le porte a terapie innovative contro molte malattie legate all’invecchiamento. È il primo passo verso un futuro in cui sentirsi giovani sarà possibile più a lungo.
Una nuova ricerca apre prospettive promettenti per ricaricare le cellule, contrastare l’invecchiamento e sviluppare terapie mirate per diverse patologie. Gli scienziati della Texas A&M University, in uno studio riportato anche dal Washington Post, hanno individuato un metodo capace di intervenire direttamente sulla fonte energetica delle cellule.
I segni dell’invecchiamento possono manifestarsi in molti modi: rughe, diradamento dei capelli, rallentamento delle funzioni cognitive. A livello profondo, però, il processo è legato al deterioramento dei mitocondri, le strutture responsabili della produzione di energia nella maggior parte delle cellule.
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Secondo i ricercatori della Texas A&M, rigenerare questi mitocondri potrebbe aprire nuove possibilità terapeutiche per malattie come Alzheimer, distrofia muscolare e steatosi epatica. Con il passare degli anni, infatti, la quantità e la funzionalità dei mitocondri si riducono, un fattore che contribuisce a disturbi legati all’invecchiamento e a condizioni metaboliche come il diabete.
Il team ha sviluppato piccolissime strutture chiamate nanofiori, introdotte in capsule di laboratorio contenenti cellule staminali. Queste particelle, da 600 a 1.000 volte più sottili di un capello umano, vengono assorbite dalle cellule attraverso un processo naturale e stimolano la produzione di mitocondri.
I nanofiori sono composti da disolfuro di molibdeno, un materiale in grado di attivare i meccanismi cellulari che portano a generare nuovi mitocondri. Grazie a questa tecnologia, le cellule staminali riescono a produrre una quantità di mitocondri doppia rispetto al normale e a trasferirli poi alle cellule invecchiate o danneggiate.
"Stiamo potenziando le cellule staminali affinché possano donare questi mitocondri alle cellule danneggiate in modo più rapido e efficace", ha spiegato il professor Akhilesh K. Gaharwar. Le cellule staminali possiedono infatti una naturale capacità di individuare le aree danneggiate dell’organismo e raggiungerle per favorirne la rigenerazione.
Il metodo sarà testato su ratti tra gennaio e febbraio, con l’obiettivo di verificarne sicurezza ed efficacia prima dell’approdo agli studi clinici sull’uomo. Oggi esistono farmaci che aumentano i mitocondri, ma non incidono sui processi con cui vengono prodotti, costringendo così a trattamenti ripetuti. La nuova tecnica potrebbe offrire un approccio più mirato e duraturo.
In futuro, le cellule staminali di un paziente potrebbero essere arricchite in laboratorio con nanofiori per stimolare la produzione di mitocondri, quindi reintrodotte nell’organismo per sostenere le cellule stressate o danneggiate. L’arrivo di mitocondri nuovi potrebbe migliorare la comunicazione tra le cellule nervose invecchiate, incidendo positivamente sull’attività cerebrale.
Nel caso del diabete, l’aumento dei mitocondri potrebbe aiutare le cellule a elaborare il glucosio in modo più efficiente. Il laboratorio della Texas A&M sta collaborando con diversi centri di ricerca specializzati in distrofia muscolare, steatosi epatica e disfunzioni del sistema nervoso per approfondire le possibili applicazioni di questa tecnologia.