Dl sicurezza, protesta in Senato di Pd, M5S e Avs: sit-in contro le nuove norme sui manifestanti
Il dibattito sul decreto sicurezza infiamma il Senato, dove le opposizioni si mobilitano in una protesta simbolica. Senatori di Pd, M5S e Avs hanno occupato l'Aula per contestare le nuove norme che penalizzano il blocco stradale durante le manifestazioni. Un gesto forte che evidenzia le tensioni politiche attuali e il diritto di esprimere dissenso.

Scatta la protesta delle opposizioni in Senato contro il decreto sicurezza, oggi al voto con la fiducia. I senatori di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno occupato simbolicamente il centro dell’Aula di Palazzo Madama, sedendosi a terra come forma di dissenso contro la norma che trasforma in reato penale il blocco stradale durante le manifestazioni.
Con cartelli in mano recanti la scritta “denunciateci tutti”, i parlamentari hanno voluto esprimere solidarietà verso chi protesta per l’ambiente e viene colpito dal nuovo inasprimento delle pene. Dai banchi delle opposizioni si è levato il coro “vergogna, vergogna”. La seduta è stata sospesa dal presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha convocato una riunione dei capigruppo.
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Il dl sicurezza, già approvato alla Camera lo scorso 29 maggio con voto di fiducia, è in vigore dall’11 aprile e contiene disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio, lotta all’usura e riforma penitenziaria. Il testo prevede l’introduzione di 14 nuovi reati, diverse aggravanti e l’inasprimento delle pene, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare il contrasto a terrorismo, criminalità organizzata, occupazioni abusive e violenze di piazza.
Tra i provvedimenti più discussi c’è il divieto totale sulla cannabis light, che colpisce produzione, commercio e trasporto di infiorescenze anche con basso contenuto di THC, bloccando l’intera filiera, inclusi i prodotti tecnici o da collezione.
Per le forze dell’ordine, il decreto prevede aggravanti per reati di lesioni, resistenza e violenza, soprattutto quando la vittima è un appartenente alla polizia giudiziaria o alla pubblica sicurezza. Introdotto anche il sostegno economico fino a 10.000 euro per le spese legali degli agenti coinvolti in procedimenti penali legati al servizio. Le forze potranno inoltre utilizzare bodycam e strumenti di videosorveglianza anche in luoghi di custodia.
Novità rilevanti anche contro l’occupazione abusiva di immobili: viene istituito il reato specifico e attribuito alla polizia giudiziaria il potere di ordinare il rilascio immediato dell’immobile, anche senza ordine del giudice, per accelerare gli sgomberi.
Il decreto interviene anche sulla gestione di carceri e centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), con l’introduzione del reato di rivolta interna. Le pene vanno da uno a cinque anni in carcere e da uno a quattro nei Cpr, con possibilità di condanne fino a diciotto anni in caso di conseguenze gravi.
Particolare attenzione è riservata ai blocchi stradali, che da illecito amministrativo diventano reato penale. Prevista una nuova aggravante per reati in stazioni, mezzi pubblici o loro adiacenze. Esteso anche il Daspo urbano a chi sia stato denunciato o condannato per reati contro la persona o il patrimonio nell’ambito dei trasporti pubblici. Introdotta l’arrestabilità in flagranza differita per lesioni gravi a pubblici ufficiali durante le manifestazioni.
Sul fronte antiterrorismo, viene punita la detenzione di materiale con finalità terroristiche con pene da due a sei anni. È reato anche la diffusione online di istruzioni per azioni violente o sabotaggi. Le verifiche antimafia vengono estese alle imprese aderenti a un contratto di rete, e viene limitato l’intervento d’ufficio del prefetto nelle interdittive antimafia.
Un capitolo è dedicato al contrasto all’usura: le imprese che denunciano il reato potranno contare sul supporto di un esperto incaricato di favorirne il reinserimento economico. Vengono introdotte nuove aggravanti per le truffe agli anziani e lo sfruttamento dei minori nell’accattonaggio, con pene che arrivano a sei anni di reclusione e multe fino a 3.000 euro.
Cambiano anche le norme per il carcere alle madri: non è più previsto il rinvio automatico della pena per le donne incinte o con figli piccoli, se sussistono rischi di recidiva o pericolosità sociale. La modalità di esecuzione varia a seconda dell’età del figlio, distinguendo tra minori di un anno e tra uno e tre anni.