Giulia Cecchettin, le lettere di Turetta dal carcere: Mi dispiace per tutto quello che ho fatto

Il caso di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta continua a sconvolgere l’opinione pubblica con nuovi dettagli emersi dalle lettere scritte dal ventiduenne in carcere. Turetta, accusato dell’omicidio della giovane l’11 novembre 2023, descrive nei suoi scritti il crescendo di ossessione e manipolazione che lo ha portato a compiere il terribile gesto.
"O lei o niente" è una frase che, secondo Turetta, ha iniziato a ossessionarlo nei giorni precedenti al delitto. Nei suoi appunti, confessa: "Mi sembrava ingiusto che io avessi intenzione di suicidarmi e lei non avesse alcuna conseguenza. Quei giorni erano, secondo me, il risultato delle sue scelte. È difficile ammetterlo, ma avevo pensato di poterle togliere la vita". Questo pensiero ossessivo si intreccia a una relazione che, trasformata in amicizia, nascondeva in realtà un tentativo di controllo costante.
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Nei suoi scritti, Turetta rivela come Giulia fosse diventata un’ossessione: "Lei era tutto per me. Avevo concentrato tutta la mia vita su di lei e tutto quello che facevo riguardava in qualche modo lei. Non poteva esserci nessuno nella mia vita oltre a lei. O lei o niente". Di fronte al rifiuto della ragazza di tornare insieme, Turetta si sente incapace di affrontare il futuro, descrivendo il distacco come "un incubo totale".
Tra le motivazioni che lo avrebbero spinto al delitto, l’uomo racconta il profondo disagio nel vedere Giulia andare avanti senza di lui. Partecipare a eventi sociali, come le feste di laurea, diventava per lui insopportabile: "Dover festeggiare e sembrare felice mentre dentro mi sentivo vuoto, pieno di emozioni negative, e vedere lei sorridente e tranquilla mi sembrava insopportabile. Troppa vergogna, troppa difficoltà a incrociare gli sguardi di tutti".
In carcere, Turetta riflette sul crimine commesso, descrivendo il peso della rabbia e del controllo che lo hanno portato all’omicidio. Scrive delle sue emozioni, cercando di esprimere rimorso: "Le scuse mi sembrano minuscole rispetto al dolore che ho causato. Non ho mai chiesto perdono e non mi sentirei di farlo nemmeno ora, non perché non sia pentito, ma perché mi sembrerebbe ridicolo e fuori luogo". Prosegue ammettendo: "Quello che ho fatto è terribile. Penso che il perdono richieda molto tempo, ma in questo momento non mi sentirei di chiederlo a nessuno. Mi dispiace infinitamente per tutto quello che ho fatto".
Le lettere di Turetta delineano un profilo inquietante, segnato da un’ossessione possessiva e dalla mancanza di strumenti emotivi per gestire il rifiuto. Un quadro che lascia emergere tutta la gravità delle dinamiche tossiche che hanno condotto alla tragedia.