Petrolio e influenza sulle borse, cosa potrebbe cambiare entro il 2025

Al giorno d’oggi, tutti sono perfettamente consapevoli di quanto il greggio sia in grado di condizionare le Borse. Eppure, in pochi sono consci di come, entro il 2050, si dovrà raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica. Proviamo a comprendere, ed è un aspetto che può tornare senz’altro molto utile anche in riferimento a tutti coloro che sono soliti investire con le piattaforme online, come Plus 500, sul petrolio, quanto il prezzo del petrolio sia in grado di influenzare le Borse e quanto potrebbe farlo nei prossimi anni.
Come si può facilmente intuire, il greggio rappresenta davvero in tutto e per tutto il motore che caratterizza l‘economia mondiale, anche se la pandemia sta generando timori importanti sulla domanda di petrolio, come testimoniato anche dai recenti tonfi registrati a New York, con quotazioni chiuse in calo addirittura del 7,12%. Le due tipologie di greggio maggiormente diffuse sono il Wti, detto anche Cruide Oil, la cui estrazione si verifica sul suolo a stelle e strisce, nello specifico nel Texas, e il Brent che, al contrario, proviene dal mare del Nord.
Poco prima della crisi finanziaria che scoppiò tredici anni fa, il Wti era stato in grado di toccare il record storico di ben 147,27 dollari al barile, mentre il Brent era arrivato a toccare i 147,50 dollari al barile durante l’Ice di Londra. Oggigiorno, invece, le cose sono cambiate notevolmente, con il Brent che, ad esempio, si trova intorno a quota 64 dollari. Ebbene, il prezzo del Brent è in grado di condizionare la quotazione di circa il 60% del petrolio che viene estratto a livello mondiale.
La nuova suddivisione del petrolio
Nei due mercati più importanti, la suddivisione del petrolio avviene certamente in base alla qualità, ma con il passare degli anni, si è raggiunta una seconda suddivisione, che riguarda direttamente il suo tipo principale, ovvero la differenziazione tra petrolio classico e quello che viene chiamato Shale Oil.
Cambieranno gli investimenti
Eppure, tutti quegli azionisti che hanno fatto fortune imparagonabili grazie a tale business, devono ora entrare nell’ordine delle idee che il settore del petrolio è in flessione. E lo scenario del futuro lo sarà sempre di più. Entro il 2050, seguendo sia le regole imposte dall’UE che dalle più importanti potenze a livello mondiale, l’obiettivo primario sarà quello di raggiungere la neutralità carbonica.
Cosa significa questo nuovo step che dovrà essere fatto? In poche parole, la neutralità carbonica vuol dire che ci sarà un vero e proprio blocco di tutte quelle attività che vanno a produrre CO2, mentre ci sarà una sorta di lasciapassare per le energie rinnovabili, così come per l’idrogeno, che invece, hanno tutte le carte in regole per poter garantire il soddisfacimento del fabbisogno di elettrificazione alle attività industriali, così come al settore dei trasporti.
Il tempo di adeguarsi per le big oil company
Trent’anni. Non uno di meno, non uno di più. È questa la tempistica che le più importanti società che operano nel settore petrolifero hanno a disposizione per poter riconvertirsi, avvicinandosi in toto alla green economy. Il rischio, in caso contrario, è quello di cadere in default.
Di conseguenza, la stella polare scelta per orientarsi anche nelle decisioni future è esclusivamente quella della transizione energetica green. Non a caso, British Petroleum ha comunicato come vuole arrivare a toccare i 50 gigawatt di eolico installati entro la fine del decennio, Eni vuole iniziare la produzione di idrogeno blu in quel di Ravenna, mentre Total ha diffuso a mezzo stampa la notizia per cui ha intenzione di cominciare a investire nel settore dell’eolico, senza dimenticare Shell, che ha chiuso un’intesa con Amazon per fornire energia rinnovabile.
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