La Cina lavora sulle valute delle banche centrali digitali fin dal 2014 e ha, persino, creato il Digital Currency Research Institute nel 2017. Questo istituto è responsabile dello sviluppo, del collaudo e della sperimentazione delle valute digitali con l’obiettivo di istituire un funzionario il prima possibile.
A Shenzhen, il 12 ottobre 2020, per esempio, è stato lanciato un test, una lotteria su larga scala, per valutare il comportamento dei consumatori dei cittadini. Progettato per promuovere lo yuan digitale, questo progetto pilota ha distribuito un valore di 200 renminbi, la valuta cinese, la cui unità di base è lo yuan, in yuan digitale ai candidati, al fine di osservare come li avrebbero spesi e con quale facilità.
Per la Cina, questo esperimento, sicuramente un po’ originale, presenta sullo sfondo una rapida crescita della valuta digitale della banca centrale. Non per nulla, è in atto una dura corsa tra gli Stati del mondo, impegnati, tutti, in una lotta per il primato dell’innovazione, tra concorrenza, precauzioni e competizione. La PPL, cioè la People's Bank of China, a tal proposito, ha emesso un disegno di legge che modifica la Legge della Repubblica Popolare Cinese relativamente alla Banca Popolare Cinese. Questa legge è in vigore dalla sua adozione avvenuta il 27 dicembre 2003. In sostanza, descrive il mandato, la struttura organizzativa, i poteri e le restrizioni del PCB, ossia il Printed Circuit Board. Yuan Pay Group è, molto chiaramente, un valido punto di riferimento.
Il cambiamento principale deriva, come si può desumere nel leggere il capitolo 3, dal fatto che ora si afferma che il renminbi, cioè la valuta ufficiale della Repubblica Popolare Cinese, di cui lo yuan è l’unità di base, include tanto una forma fisica quanto una forma digitale. Un progetto che, tra l’altro, era aperto ad un dibattito pubblico, al punto che i cittadini cinesi hanno avuto diverso tempo per presentare le loro osservazioni sulle intenzione relative di questo specifico emendamento.
Una cosa è certa. Questo emendamento mira a legalizzare ufficialmente il pagamento elettronico in yuan digitale, una idea presente fin dal 2014. Divenuta legge, questo disegno di legge permetterebbe, di fatto, al DCEP di poter diventare, in modo ufficiale, una valuta legale dello stato cinese. Un progetto complesso, che fa parte del desiderio di un dominio sfaccettato da parte della Cina, e il cui progetto è singolare, rispetto a quello concepito dall’Europa. La Cina ha già testato un portafoglio offline dual offline come parte dei suoi test.
Annunciato dal direttore del Chinese Digital Currency Institute della Banca centrale, questo portafoglio dovrebbe essere collegato a un numero di telefono, utilizzato per ricevere un codice di conferma. Questa tecnologia, come si può chiaramente comprendere, non utilizza la blockchain, a differenza delle teorie previste da altri stati.
Un altro aspetto, è che il governo cinese non garantisce l’anonimato nell’utilizzo di questo sistema, seppure si vada ad impegnare a stabilire un progetto, il più rispettoso possibile, dei dati privati e la riservatezza degli utenti. Il DCEP cinese, per ora, è progettato come una versione digitale dello Yuan, la valuta ufficiale. Uno yuan digitale è perfettamente equivalente a uno yuan in valuta fiduciaria. Il sistema di emissione e circolazione è diversificato.
In primo luogo, infatti, la Banca di Cina emette il DCEP e lo trasmette alle banche commerciali che, a loro volta, lasciano denaro a privati sotto forma di portafoglio digitale, al quale si accede tramite una applicazione mobile autorizzata dalla Banca Centrale cinese. Inoltre, il DCEP si baserà sull’account piuttosto che simboleggiato in token. Lo yuan digitale, dunque, andando a concludere, potrà essere utilizzato, ad esempio, per ricaricare i conti bancari, effettuare bonifici bancari, così come effettuare pagamenti di ogni tipo.