Referendum decreto flussi ius scholae | rispondiamo con Gentile
Roma, 7 lug – Dopo il fallimento del referendum, ci troviamo di fronte a un dibattito complesso e delicato sul futuro delle politiche migratorie italiane. Un sì avrebbe potuto aumentare i rischi, mentre un no deciso sembrava rappresentare un’àncora di stabilità. Tuttavia, emerge una realtà più articolata, in cui anche il pronunciamento popolare sembra non essere sufficiente a modificare le dinamiche di una democrazia che, tra norme e principi, si mostra sempre più sfidante e sfaccettata.
Roma, 7 lug – Dopo il fallimento del referendum, in caso di vittoria del sì, avrebbe esposto ulteriormente l’Italia ai rischi dell’immigrazione incontrollata, in molti avevamo tirato un sospiro di sollievo. Ma, a quanto pare, è stato del tutto inutile. Già. perché, a quanto pare, anche un NO secco dei cittadini non basta nella democrazia liberale, diventata ormai un vero e proprio feticcio per tutto l’arco costituzionale, anche se in modi diversi. Il No degli italiani al referendum non è bastato. Il “fallimento nel fallimento” del quinto quesito sulla cittadinanza – dal momento che, anche tra i pochi che hanno votato, più del 35% hanno votato “no” – nel referendum dell’8 e 9 giugno è stato cancellato nell’arco di un mese: prima il decreto flussi, che regolarizza di fatto 500. 🔗 Leggi su Ilprimatonazionale.it
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