Femminicidio il figlio sano del… liberalismo

Il femminicidio, tragico simbolo di una società in crisi, riaccende il dibattito su come affrontare la violenza di genere. Il caso della giovane di Afragola, uccisa brutalmente, solleva interrogativi urgenti sulle radici culturali del problema. Un dramma che trascende le ideologie politiche, richiamando l'attenzione su un'emergenza sociale che deve unirci nel cambiamento. È tempo di riflettere e agire, non solo di indignarsi.

Roma, 2 giu – L’ennesimo caso di femminicidio ha dato occasione agli strilloni di ogni colore politico per speculare su un fatto di per sé drammatico: una ragazzina di Afragola di quattordici anni uccisa a sassate in testa dall’ex-fidanzato diciannovenne. Femministe e destra conservatrice. E il dolore collettivo è perfettamente legittimo dopo un fatto del genere, sia chiaro. Ma, come al solito, in questo paese ormai siamo diventati specialisti nel guardare il dito e non la Luna. Il legittimo dolore collettivo viene puntualmente incanalato in maniera del tutto distorta. Infatti, come era del resto prevedibile, da un lato le femministe – che rimangono rigorosamente in silenzio quando l’autore della violenza è un diversamente europeo – hanno subito colto la palla al balzo per sbraitare contro un non meglio definito patriarcato a suon di “uomo morto non stupra”, sfruttando così il tragico fatto unicamente per tirare acqua al proprio mulino e mancando quindi di rispetto in primis alla vittima. 🔗 Leggi su Ilprimatonazionale.it

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