Ucraina-Russia, Putin e la guerra alterata: rapporti distorti e realtà diversa sul fronte

L'informazione sulla guerra in Ucraina spesso presenta una narrazione distorta, con affermazioni di avanzamenti russi che non corrispondono alla realtà sul campo. La distanza tra comunicato ufficiale e situazione reale rimane evidente.

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Dal Cremlino continua a emergere una narrazione di avanzata costante delle forze russe in Ucraina. Vladimir Putin descrive progressi diffusi lungo la linea del fronte, ma il quadro che arriva ai vertici del potere russo appare lontano da ciò che accade realmente nelle zone di combattimento.

I risultati messi in evidenza dal presidente riguardano spesso aree marginali o successi limitati, inseriti in una strategia che punta a rafforzare la posizione di Mosca in vista di eventuali colloqui. L’obiettivo resta il controllo dell’intero Donbass, territorio che Kiev non è disposta a concedere.

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Alla base di questa percezione ottimistica c’è anche un problema informativo. Secondo diverse ricostruzioni, a Putin non arriverebbe un flusso completo e fedele dei dati sull’andamento della guerra. Il Cremlino finisce così per elaborare valutazioni che non coincidono con la situazione sul campo.

Il Financial Times, citando due funzionari, riferisce che molti dossier consegnati al presidente sarebbero sistematicamente manipolati. Le perdite ucraine verrebbero gonfiate, la superiorità russa in uomini e mezzi enfatizzata, mentre gli errori strategici sarebbero minimizzati o ignorati.

In questa cornice si inseriscono anche le recenti relazioni del generale Valeri Gerasimov e del ministro della Difesa Andrei Belousov. Entrambi avrebbero presentato a Putin scenari estremamente positivi, tra conquiste già ottenute e altre considerate imminenti.

Il risultato è un “quadro rassicurante” che alimenta l’idea di un’Ucraina prossima al collasso e di una Russia in grado di raggiungere i propri obiettivi militari. Analisi indipendenti smentiscono però questa visione: secondo l’Institute for the Study of War, mantenendo l’attuale ritmo operativo, a Mosca servirebbero tra due e tre anni solo per completare la conquista del Donbass.

All’interno del potere russo si crea così un meccanismo autoreferenziale. Rapporti imprecisi influenzano le decisioni politiche, spingendo il Cremlino a intensificare l’offensiva nella convinzione di una vittoria quasi inevitabile nel lungo periodo. In questo contesto, una soluzione negoziata non viene considerata una priorità.

Diversa appare invece la qualità delle informazioni che Putin riceve sul fronte economico. Nei briefing dedicati alla situazione interna, la guerra viene descritta come un fardello crescente per il sistema russo.

Il Washington Post ha recentemente riportato l’allarme lanciato da un funzionario di Mosca, secondo cui non si può escludere il rischio di una crisi bancaria. Una fonte accademica vicina a diplomatici del Cremlino ha indicato il 2026 come il primo anno realmente critico dall’inizio dell’invasione.