Nato e Regno Unito in allerta per possibili azioni russe: Londra rafforza la difesa interna contro i droni

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Il Regno Unito torna a pianificare la protezione diretta del proprio territorio, una prospettiva che non veniva affrontata in modo strutturato da oltre tre decenni. L’ultima forza dedicata esclusivamente alla difesa nazionale fu smantellata nel 1992, in un contesto segnato dalla fine della Guerra Fredda e dalla convinzione, allora diffusa nella Nato, di un’Europa avviata verso una lunga fase di stabilità. Oggi lo scenario è cambiato radicalmente.

Secondo il segretario generale della Nato, Mark Rutte, il rischio di un conflitto vicino ai confini europei non può più essere escluso. Mosca si dice pronta a un confronto diretto con l’Europa, mentre le relazioni transatlantiche attraversano una fase complessa, anche a causa delle tensioni con l’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump. In questo contesto, Londra ha avviato un piano di deterrenza che coinvolge l’intera società civile.

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Il governo britannico parla di un approccio coordinato che unisce forze armate, polizia e strutture statali, con l’obiettivo di prepararsi a diversi tipi di minacce. L’ipotesi di un’invasione via terra viene ritenuta improbabile, ma l’attenzione è concentrata su attacchi non convenzionali, come sabotaggi mirati e incursioni con droni contro infrastrutture sensibili.

Gli analisti del Royal United Services Institute evidenziano come la guerra in Ucraina e una serie di operazioni ibride in Europa abbiano dimostrato la vulnerabilità di reti energetiche, comunicazioni e trasporti. Ciononostante, una parte del mondo politico e militare ritiene che la risposta di Londra proceda con lentezza.

Tanmanjeet Singh Dhesi, deputato laburista e presidente della commissione Difesa della Camera dei Comuni, ha avvertito che il Paese non è ancora pronto ad affrontare né un attacco armato né le minacce ibride più diffuse, come il danneggiamento dei cavi sottomarini o le continue offensive informatiche attribuite alla Russia.

Preoccupazioni simili arrivano da Paul O’Neill, ricercatore del Royal United Services Institute, che sottolinea il ritardo delle difese britanniche rispetto a quelle di diversi Paesi del Nord e dell’Est Europa, in particolare le nazioni baltiche e la Finlandia. In queste aree, programmi di leva e addestramento civile sono attivi da anni. O’Neill segnala anche criticità legate alla dismissione, dopo il 2010, di basi e alloggi del Ministero della Difesa, che potrebbe ostacolare una mobilitazione rapida.

All’inizio dell’anno, il primo ministro Keir Starmer ha annunciato un aumento significativo del bilancio militare, con l’obiettivo di raggiungere il 2,5% del Pil entro il 2027, definendo la Russia una sfida generazionale. A giugno, una revisione strategica della difesa ha indicato la necessità di portare il Paese in uno stato di “prontezza al combattimento”.

Il documento invita anche alla creazione di una nuova forza di difesa nazionale incaricata di proteggere basi militari e infrastrutture civili essenziali, come impianti energetici e reti idriche. Parallelamente, Londra sta intensificando il reclutamento di riservisti volontari per esercito, marina e aeronautica.

È in fase di sviluppo anche una “riserva strategica” composta da ex militari richiamabili in servizio attivo. L’esercito regolare conta oggi circa 70 mila soldati a tempo pieno, il livello più basso dall’epoca delle guerre napoleoniche. Per questo motivo, la sicurezza del territorio nazionale viene concepita come una responsabilità condivisa, che va oltre il solo ambito militare.

La polizia è già coinvolta in esercitazioni specifiche. Nel mese scorso, ad esempio, ha partecipato a una simulazione di attacco chimico in un villaggio rurale del Cambridgeshire. Mark Williams, responsabile nazionale delle contingenze civili per le forze di polizia, ha spiegato che è necessario iniziare a preparare l’intera società a uno scenario di crisi, sia all’estero sia all’interno dei confini.

Il Regno Unito ha precedenti storici in questo ambito. Durante la Seconda Guerra Mondiale, circa 1,7 milioni di uomini non impiegabili al fronte si arruolarono nella Guardia nazionale, addestrata contro una possibile invasione nazista. Negli anni Cinquanta e Sessanta operò il Civil Defence Corps, orientato alla risposta a eventuali attacchi nucleari, mentre la Home Service Force fu attiva dal 1982 fino alla fine della Guerra Fredda.

Al momento, il governo ha diffuso pochi dettagli sul nuovo programma di difesa interna. In una nota ufficiale, ha dichiarato che l’obiettivo è garantire un allineamento tra sforzo militare e civile, rafforzando la resilienza nazionale, investendo nella sicurezza e ricostruendo il legame tra cittadini e personale in uniforme.