Gli italiani scoprono Okinawa, ma non sempre la capiscono: il mare del Giappone parla un'altra lingua.

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Tra spiagge, spiritualità e ritmi rallentati, Okinawa conquista l’attenzione dei viaggiatori italiani — ma le sue regole non sono quelle delle località internazionali. Ne parliamo con Fabrizio Montanari, co-fondatore di Watabi, agenzia di viaggi specializzata in Giappone.

D: Negli ultimi tempi si sente parlare più spesso di Okinawa. Cosa sta attirando così tanto l’attenzione dei viaggiatori italiani?

R: Okinawa rappresenta un lato del Giappone che pochi ancora conoscono: spiagge, palme e acque cristalline. Dopo anni in cui l’immaginario era dominato da Tokyo, Kyoto e l’estetica del Giappone urbano, molti viaggiatori cercano oggi un’esperienza più rilassata e naturale. Okinawa offre questo — ma con un carattere tutto suo. Non è “un’altra Bali” o “le Hawaii giapponesi”: è un arcipelago che segue il proprio ritmo, con una cultura autonoma, la tradizione Ryukyu e un modo molto giapponese di vivere il mare.

D: Ecco, molti però si aspettano un’esperienza balneare “classica”. È questo l’equivoco?

R: Esatto. Gli italiani che arrivano a Okinawa spesso si aspettano resort a cinque stelle, passeggiate sul lungo mare e vita da spiaggia organizzata come in Thailandia o alle Maldive. Ma Okinawa è diversa: le spiagge sono spesso libere, non attrezzate e non progettate per il turismo occidentale. Qui il mare si vive con discrezione, quasi in silenzio. I giapponesi vengono per cercare armonia e rigenerazione, non per l’animazione o la movida.

Le strutture sono pensate per una sosta di un paio di notti e il tempo che i giapponesi dedicano alla spiaggia è spesso quello necessario a scattare una foto ricordo.

È un modo diverso di intendere la vacanza — e, se lo si accoglie, diventa straordinario. D: Quindi è una meta che richiede una certa sensibilità culturale?

R: Sì, e anche un po’ di consapevolezza pratica. Okinawa non è il Giappone super connesso a cui siamo abituati: i trasporti pubblici sono meno frequenti e meno capillari, e la maggior parte dei giapponesi sceglie di noleggiare un’auto per muoversi in autonomia.

Molti viaggiatori italiani, invece, sono restii a guidare all’estero o scoraggiati dal costo della patente internazionale, che in Italia è piuttosto elevato, e dalla guida a sinistra.

Per questo la scelta migliore dipende dal tipo di esperienza che si cerca: chi desidera relax può optare per un resort fronte mare, accettando però che la vita serale sia molto tranquilla; chi preferisce muoversi un po’ di più può invece soggiornare in centri come Naha o Ishigaki, da cui è facile organizzare escursioni e trasferimenti verso le spiagge.

In ogni caso, Okinawa regala pace, autenticità e un ritmo completamente diverso dal resto del Paese.

D: Anche la comunicazione con la popolazione locale può essere una difficoltà?

R: Sì, più che in altre zone del Giappone. Okinawa è un arcipelago ancora poco abituato al turismo occidentale, e le barriere linguistiche e culturali sono più alte rispetto alla cosiddetta Golden Route (Tokyo–Kyoto–Osaka).

Fuori da alcuni hotel o dai punti più turistici, l’inglese è poco parlato e le abitudini di accoglienza seguono schemi più “giapponesi” che internazionali: cortesia estrema, ma anche una certa distanza.

Per questo è importante arrivare con curiosità, pazienza e rispetto — cercando di leggere il non detto, i gesti, il ritmo del luogo. Chi lo fa, scopre una forma di ospitalità autentica, silenziosa e profondamente gentile.

D: In Giappone si parla spesso di overtourism, soprattutto nelle città più iconiche come Kyoto. Okinawa ne risente?

R: In parte sì, ma in modo diverso. Sulla Golden Route l’overtourism è legato ai flussi di massa concentrati in alcune città (se non addirittura quartieri) e ai picchi stagionali; a Okinawa, invece, è una questione più delicata di equilibrio ambientale. Le isole vivono di un ecosistema fragile — barriere coralline, spiagge protette, piccole comunità — e il turismo, se non gestito con attenzione, può metterlo sotto pressione.

Per il momento i picchi di turismo maggiori ad Okinawa sono ancora legati ai flussi nazionali, in particolare nelle settimane estive di chiusure delle scuole e delle feste nazionali.

D: Quali sono, invece, i vantaggi e i limiti pratici di scegliere Okinawa per il mare?

R: Il grande vantaggio di Okinawa è la vicinanza: dopo un viaggio già lungo in Giappone, l’idea di raggiungere il mare con un volo interno di appena un’ora e mezza è molto allettante. È un’estensione naturale, che permette di concludere il viaggio con qualche giorno di relax, senza dover affrontare i tempi e i costi di destinazioni come Bali o la Thailandia.

Tuttavia, questo vantaggio logistico è spesso bilanciato da costi più alti. Il Giappone non è un Paese economico, e i resort di Okinawa tendono ad avere tariffe più elevate rispetto a strutture equivalenti del Sud-est asiatico. Molti viaggiatori restano sorpresi: con il budget che a Bali garantirebbe un resort di lusso con bungalow privato e piscina sul mare, a Okinawa si

trovano spesso hotel più semplici o grandi strutture in stile giapponese, pensate per famiglie locali più che per turisti occidentali.

A questo si aggiunge la stagionalità: la nostra alta stagione di agosto coincide con quella giapponese, periodo di ferie scolastiche e festività nazionali, quando la domanda interna fa schizzare i prezzi e la disponibilità si riduce. Al contrario, viaggiare tra aprile e inizio

luglio, o da settembre a ottobre, consente di risparmiare molto e di vivere Okinawa in modo più tranquillo, con temperature ideali e meno affollamento.

D: Come si inserisce Okinawa nei viaggi Watabi?

R: La proponiamo sia come estensione post-tour sia come itinerario dedicato. Dopo un viaggio culturale tra Tokyo, Kyoto o Kanazawa, l’arrivo a Okinawa è come cambiare frequenza: ci si riconnette con la natura, con l’acqua, con se stessi. Per i nostri clienti italiani prepariamo sempre un’introduzione culturale, per spiegare che il mare di Okinawa non è un prodotto, ma un’esperienza spirituale e ambientale.

D: Cosa consigliereste a chi la visita per la prima volta?

R: Di arrivare con curiosità e con le giuste aspettative. Okinawa non è una meta da cartolina tropicale: è un arcipelago giapponese con il suo ritmo, le sue regole e una cultura profondamente diversa da quella dei resort del Sud-est asiatico.

Consigliamo di provare la cucina locale, esplorare i villaggi e i mercati e, se possibile, trascorrere almeno una notte su una delle isole minori, dove si ritrova l’anima più autentica e rilassata dell’arcipelago.

Chi cerca semplicemente mare e comfort può scegliere aree come Manza Beach, Ishigaki, o Miyakojima ma chi vuole capire davvero Okinawa dovrebbe concedersi il tempo di osservarla senza aspettarsi che assomigli a qualcos’altro.