Guerra Ucraina-Russia, il nuovo piano Trump: origini, negoziati segreti e reazioni internazionali
La prima bozza del piano Trump per fermare la guerra tra Ucraina e Russia viene delineata a metà ottobre, durante il volo di ritorno dal Medio Oriente del presidente statunitense e della sua delegazione. Dopo aver sostenuto l’accordo tra Israele e Hamas, Donald Trump affida al genero Jared Kushner e all’inviato Steve Witkoff il compito di elaborare una proposta per affrontare anche l’altro grande conflitto aperto in Europa.
I due iniziano così a strutturare le prime linee di un documento che si trasformerà in un quadro di pace articolato in 28 punti. Secondo alcune ricostruzioni, è in quei giorni che prende forma l’idea di una iniziativa diplomatica parallela, sviluppata al di fuori dei canali istituzionali tradizionali.
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Nelle settimane successive, il lavoro si intensifica fino a coinvolgere Kirill Dmitriev, emissario del Cremlino con stretti legami con Vladimir Putin e in rapporti consolidati con Kushner. Dmitriev raggiunge Miami il weekend precedente Halloween per tre giorni di incontri riservati, tra cene e lunghe discussioni nell’abitazione di Witkoff.
Le parti condividono una visione generale dell’accordo possibile, ma Dmitriev introduce richieste molto più rigide: stop all’ingresso dell’Ucraina nella Nato, ritiro totale dal Donbass e dai territori contesi, riduzione drastica delle forze armate ucraine. Il suo contributo, spiegano fonti statunitensi, mira a ottenere un primo orientamento favorevole da parte di Putin.
Nel frattempo, la bozza viene sottoposta anche all’attenzione ucraina. Witkoff e Kushner invitano a Miami il consigliere per la sicurezza nazionale Rustem Umerov, che giudica il documento «più favorevole alla Russia che all’Ucraina» e suggerisce di informare direttamente il presidente Volodymyr Zelensky.
Il 16 novembre, in una telefonata definita «franca ma costruttiva», Kushner e Witkoff illustrano il piano al leader ucraino. Zelensky esprime apprezzamento per il contatto – ringraziando anche Trump – ma sottolinea che la proposta «richiede molto lavoro». Una seconda chiamata, nello stesso fine settimana, conferma che Kiev intende mantenere aperti i canali di dialogo, pur giudicando irricevibile la prima versione.
La situazione precipita quando il documento filtra alla stampa. Le condizioni percepite come troppo vicine alle posizioni del Cremlino allarmano gli alleati europei e generano una forte reazione diplomatica. Il segretario di Stato Marco Rubio, che ha ricevuto la bozza il 18 novembre durante la visita alla Casa Bianca del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, viene travolto da telefonate di politici americani ed europei sorpresi dal contenuto. Alcuni senatori riferiscono che Rubio abbia attribuito l’impronta russa a un «interlocutore senza nome», ricordando però che anche Kiev aveva contribuito ad alcune sezioni.
La Casa Bianca, impegnata in un percorso negoziale ufficiale, si ritrova così costretta a integrare la bozza nella propria strategia. A Kiev, l’inviato Dan Driscoll ricorda che gli Stati Uniti hanno sospeso in passato gli aiuti militari, lasciando intendere che potrebbero farlo nuovamente se l’Ucraina rifiutasse qualsiasi prospettiva di trattativa.
Per contenere il contraccolpo politico, Rubio – dopo aver precisato che «il piano è stato redatto dagli Usa» – convoca a Ginevra una riunione urgente con Witkoff, Kushner e delegazioni ucraine ed europee. L’incontro porta alla definizione di modifiche sostanziali per rendere la proposta più accettabile a Kiev: tra queste, l’aumento del limite massimo delle forze armate ucraine e la rimozione del punto che avrebbe escluso definitivamente l’ingresso dell’Ucraina nella Nato.
Fonti statunitensi assicurano che la versione finale del documento garantirà gli obiettivi ritenuti fondamentali da Kiev.