Imu seconda casa: quando si può evitare il pagamento e quali casi rientrano nelle agevolazioni
Si avvicina la scadenza del 16 dicembre per il versamento della seconda rata dell’Imu relativa al 2025. Chi non ha pagato in un’unica soluzione lo scorso 16 giugno deve quindi provvedere al saldo entro questa data. Molti proprietari si chiedono se esistono situazioni in cui è possibile non pagare l’imposta.
L’Imu è dovuta per il possesso di fabbricati, escludendo le abitazioni principali che non rientrano nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, oltre ad aree edificabili e terreni agricoli. Si applica su tutto il territorio nazionale, con le eccezioni legate all’autonomia impositiva del Friuli Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e Bolzano.
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L’abitazione principale è definita come l’immobile in cui il proprietario e il suo nucleo familiare hanno residenza anagrafica e dimora abituale.
Una svolta importante è arrivata con la sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 13 ottobre 2022, che ha modificato un punto particolarmente discusso. Prima della sentenza, l’esenzione Imu spettava solo se l’intero nucleo familiare risiedeva e dimorava nello stesso immobile. Di conseguenza, se i coniugi vivevano stabilmente in due abitazioni diverse situate nello stesso Comune, il beneficio era riconosciuto solo su una delle due case.
I giudici costituzionali hanno invece stabilito che è illegittimo negare l’esenzione a entrambi i coniugi quando ciascuno risiede e dimora abitualmente in un diverso immobile, utilizzato come propria abitazione principale. La decisione tiene conto dei cambiamenti sociali: mobilità lavorativa crescente, evoluzione dei trasporti e nuove abitudini che portano molte coppie a vivere in luoghi differenti pur mantenendo un legame stabile.
Secondo la consulta, non riconoscere l’agevolazione in questi casi risulta discriminatorio rispetto ai single o ai conviventi di fatto che possono godere dell’esenzione pro capite. È quindi escluso ogni riferimento al “nucleo familiare” come elemento vincolante, poiché non coerente con la normativa che tutela la singola abitazione principale.
Su questo punto si è espresso anche il Mef – Dipartimento della Giustizia tributaria – confermando l’interpretazione introdotta dalla Corte costituzionale.
Un altro elemento rilevante arriva dal decreto del Ministero dell’Economia del 6 novembre 2025, che aggiorna le agevolazioni già previste nel 2024. Il provvedimento non modifica la struttura dell’imposta, ma introduce criteri più dettagliati per consentire ai Comuni di intervenire sulle aliquote Imu, adeguandole all’uso reale dell’immobile.
Per chi possiede seconde case — come appartamenti al mare o chalet in montagna — si apre un quadro potenzialmente più favorevole. Tuttavia nulla è automatico: ogni eventuale sgravio dipende dalle scelte del singolo Comune.
Il decreto amplia infatti la possibilità per i sindaci di modulare l’imposta sugli immobili non affittati, non dati in comodato e utilizzati solo per parti dell’anno. Si tratta delle cosiddette abitazioni “a disposizione”, tipiche delle case stagionali. La novità riguarda la possibilità di graduare l’aliquota non solo sulla base di quella standard, ma anche in funzione dell’uso concreto dell’immobile.
Una casa utilizzata poche settimane l’anno, con consumi ridotti o utenze sospese, potrà essere valutata diversamente rispetto a un immobile occupato stabilmente.
Resta però un limite chiaro: l’agevolazione riguarda esclusivamente le abitazioni non locate. Gli immobili affittati, anche in forma di locazioni brevi o attività turistica, non rientrano tra i benefici previsti.