Maxi-dazi USA sulla pasta italiana: rischio 107 % e allarme Made in Italy

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L’Amministrazione statunitense si avvia verso l’imposizione di dazi record sui formati di pasta importati dall’Italia, con un rincaro potenziale che spaventa l’intero comparto agroalimentare. A partire da gennaio 2026, la tassa complessiva potrebbe salire fino al 107 %.

Dumping sotto accusa: il caso La Molisana e Garofalo

Il Dipartimento del Commercio USA ha avviato un’indagine antidumping contro due storici pastifici italiani, La Molisana e Garofalo, sostenendo che nel periodo 1° luglio 2023 – 30 giugno 2024 questi avrebbero applicato prezzi artificialmente bassi rispetto al costo di produzione. Il margine di dumping preliminar stimato è stato fissato al 91,74 % per entrambe le aziende. A questo si aggiunge il dazio già in vigore del 15 %, portando la tariffa totale prevista al 107 %.

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Le autorità americane, tuttavia, estendono automaticamente i margini stimati alle altre aziende menzionate nell’istruttoria senza compiere ulteriori verifiche individuali. In questo modo rischiano di essere coinvolti nomi come Barilla, Rummo, Liguori, Sgambaro, Agritalia e molti altri.

Reazioni e conseguenze per l’export italiano

Le associazioni di settore si sono sollevate con forza contro la misura, definendola una decisione “più politica che tecnica”. Cristiano Laurenza, segretario di Pastai di Unione Italiana Food, ha bollato il dazio come un «insulto al prodotto del Made in Italy per eccellenza».

Secondo Luigi Scordamaglia, ad di Filiera Italia, la decisione favorirebbe i produttori che operano direttamente negli Stati Uniti, penalizzando chi esporta dall’Italia: «È una forzatura intervenuta in un momento delicato».

Dal lato istituzionale, il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha promesso un intervento diplomatico per fermare il provvedimento, che considera privo di giustificazioni tecniche.

L’export della pasta verso gli USA vale nel 2024 circa 671 milioni di euro. Un dazio del 107 %, denunciano gli operatori, raddoppierebbe il costo di un piatto di pasta per i consumatori americani e aprirebbe la strada all’italian sounding.

Lo scenario divenuto realtà potrebbe alterare i flussi commerciali e spingere le aziende italiane a riconsiderare la propria strategia di produzione e destinazione dei mercati. Resta, nel frattempo, alta la tensione diplomatica tra Roma e Washington, con l’Italia intenzionata a proteggere il simbolo gastronomico della sua identità nazionale.