Quasi la metà degli italiani non paga l'Irpef: numeri e contraddizioni del sistema fiscale

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Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio sulle entrate fiscali del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentata in collaborazione con Cida, emerge un dato sorprendente: su 59 milioni di residenti, le dichiarazioni presentate nel 2024 sono state 42,57 milioni, ma soltanto 33,54 milioni hanno versato almeno un euro di Irpef. In altri termini, il 43,15 % degli italiani non ha pagato l’imposta.

Questo orientamento dei dati smonta la narrativa consueta di un Paese dove «tutti sono strozzati dalle tasse». Al contrario, il problema appare piuttosto quello di una distribuzione fiscale fortemente squilibrata: «pochi pagano per molti», ha sottolineato il presidente Alberto Brambilla dell’Osservatorio, invitando a riflettere su chi sostiene effettivamente il carico contributivo.

Il peso concentrato sui redditi medi e alti

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L’analisi mostra che il 72,6 % dei contribuenti, coloro che dichiarano fino a 29.000 €, versa solo il 23,1 % del gettito Irpef. Al contrario, 11,6 milioni di contribuenti — circa un quarto del totale — sostengono il 76,9 % dell’imposta.

Tra questi, oltre 7 milioni di cittadini con redditi superiori a 35.000 € finanziano gran parte del welfare. E l’1,65 % dei contribuenti con redditi oltre 100.000 € versa da solo il 22,4 % dell’imposta. Sommando le fasce fra 35.000 e 100.000 €, risulta che appena il 17 % della popolazione sopporta quasi i due terzi del peso fiscale.

Redditi bassi, tasse minime e consumi elevati

I dati evidenziano un’ulteriore discrepanza: i 16 milioni di contribuenti con redditi fino a 15.000 € dichiarano in media solo 100 € di Irpef all’anno — una cifra insufficiente persino a coprire il 5 % della spesa sanitaria pro capite (2.222 €).

Al tempo stesso, l’Italia figura tra i Paesi europei con elevati tassi di possesso di case, auto, smartphone e abbonamenti digitali: un paradosso che suggerisce quanto il sommerso e l’evasione distorcano il quadro ufficiale. «È davvero credibile che quasi la metà degli italiani viva con circa 10.000 € lordi l’anno?» si chiede Brambilla.

Il welfare sotto tensione

Finanziare il sistema sociale è diventato un’operazione costosa. Nel 2023 sono serviti oltre 300 miliardi per sanità, assistenza sociale e welfare locale, importo che ha quasi assorbito interamente il gettito dell’Irpef, delle addizionali e delle imposte dirette (Ires, Irap).

Negli ultimi 16 anni i redditi dichiarati sono aumentati del 28,5 %, mentre la spesa welfare è cresciuta del 45 %. Questa crescita accelerata — soprattutto nell’assistenza — rischia di rendere insostenibile il sistema.

«Siamo di fronte a un onere gravoso — afferma Brambilla — che lascia a investimenti, infrastrutture e sviluppo solo imposte indirette, accise e debito».

Il paradosso della redistribuzione e il ceto medio “disincentivato

Ogni anno lo Stato redistribuisce oltre 233 miliardi a favore dei redditi più bassi. Tuttavia, questa trasferenza grava maggiormente su un ceto medio che non solo versa la quota maggiore di Irpef, ma è spesso escluso da bonus e agevolazioni.

«Da troppo tempo lo Stato italiano poggia sul binomio “meno dichiari e più avrai” — conclude Brambilla — un approccio che, in assenza di controlli, incentiva il lavoro nero e l’elusione. Non si può ignorare che siamo l’unico Paese del G7 dove quasi metà della popolazione dichiara redditi inferiori a 10.000 € lordi annui».