Argentina, via libera all'estradizione in Italia dell'ex Brigatista Leonardo Bertulazzi

La Corte Suprema argentina ha dato il via libera all’estradizione in Italia di Leonardo Bertulazzi, ex Brigatista. Ora la parola spetta al presidente Javier Milei, che deciderà se consegnarlo alle autorità italiane. Un passo importante che riaccende i riflettori sulla lunga battaglia di giustizia e verità. La decisione finale potrebbe segnare una svolta nelle indagini su anni di terrorismo e violenza politica. Restiamo in attesa di sviluppi.

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La Corte Suprema argentina ha espresso parere favorevole all’estradizione in Italia di Leonardo Bertulazzi, ex membro delle Brigate Rosse. La decisione, riportata dal quotidiano Clarin, è ora al vaglio del presidente Javier Milei, a cui spetta l’ultima parola in base alle procedure previste per le estradizioni.

Bertulazzi era stato arrestato il 29 agosto 2023 a Buenos Aires, dopo che le autorità argentine gli avevano revocato lo status di rifugiato, ottenuto nel 2004. In seguito, nel mese di novembre, era stato scarcerato.

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Non era la prima volta che l’ex brigatista veniva fermato in Argentina. Già nel 2002 era stato arrestato a Buenos Aires grazie a un’indagine congiunta condotta dalla Polizia di Stato, dalla Digos di Genova e dall’Interpol, su segnalazione della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione. Anche in quell’occasione, fu rilasciato dopo pochi mesi.

Latitante dal 1980, Bertulazzi è considerato uno dei protagonisti di alcuni tra i più noti episodi della storia delle Brigate Rosse. Il 12 gennaio 1977 partecipò al sequestro dell’ingegnere navale Piero Costa a Genova, insieme a Mario Moretti e Riccardo Dura. Costa fu liberato dopo 81 giorni di prigionia. Il riscatto pagato – 50 milioni di lire – venne utilizzato per acquistare l'appartamento di via Montalcini 8 a Roma, dove nel 1978 fu detenuto Aldo Moro.

Bertulazzi deve oggi scontare una pena complessiva di 27 anni di reclusione per reati tra cui sequestro di persona, associazione sovversiva e partecipazione a banda armata. Appartenente alla colonna genovese delle Brigate Rosse, era figlio di un maresciallo dell’esercito. Trasferitosi con la famiglia dal Veneto a Genova negli anni Sessanta, visse nel quartiere di Prà e frequentò il liceo scientifico Fermi di Sampierdarena, dove iniziò l’attività politica.

Dopo l’iscrizione alla facoltà di Lettere, aderì al movimento di Lotta continua e successivamente entrò nelle Brigate Rosse, assumendo il nome di battaglia “Stefano.