Donald Trump rilancia: Distrutti completamente i siti nucleari iraniani, tensione con Teheran
Donald Trump torna a scuotere gli equilibri globali, annunciando la distruzione totale dei siti nucleari iraniani. Con un messaggio deciso su Truth Social, l’ex presidente rivendica una politica dura e senza compromessi, contrapposta alle concessioni del passato. La sua dichiarazione alza il livello delle tensioni con Teheran, alimentando un clima di incertezza internazionale. La partita sul nucleare iraniano si riaccende: cosa accadrà ora?

Donald Trump torna a parlare del programma nucleare iraniano, rivendicando la distruzione completa delle strutture strategiche dell’Iran. In un post su Truth Social, l'ex presidente degli Stati Uniti ha risposto al senatore democratico Chris Coons definendolo "falso" e sottolineando come, a differenza dell’amministrazione Obama, non abbia mai offerto concessioni a Teheran: "Non sto offrendo all’Iran NULLA. Non parlo con loro da quando abbiamo completamente obliterato le loro strutture nucleari".
Le affermazioni di Trump seguono quelle del direttore della CIA John Ratcliffe, che durante un’audizione classificata al Congresso ha riferito che la maggior parte dell’uranio arricchito accumulato dall’Iran sarebbe oggi sepolta sotto le macerie dei siti colpiti a Isfahan e Fordow. Secondo un alto funzionario americano citato da Associated Press, anche se parte del materiale radioattivo risultasse recuperabile, la distruzione dell’unica struttura per la conversione metallurgica dell’uranio rappresenterebbe un colpo "monumentale" per il programma nucleare iraniano.
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Secondo l’intelligence statunitense, la perdita di quella struttura ha privato Teheran della capacità tecnica di costruire una bomba atomica, almeno per diversi anni. Ratcliffe ha descritto l’operazione come strategicamente decisiva, sottolineando che i raid hanno interrotto una fase chiave del ciclo nucleare iraniano. I tre siti colpiti – Isfahan, Fordow e un terzo non identificato – erano considerati i principali centri operativi del programma nucleare. Washington ritiene che la loro distruzione abbia inflitto un danno significativo e difficilmente recuperabile nel breve termine.
L’Iran, nel frattempo, ha chiesto agli Stati Uniti di escludere categoricamente nuovi attacchi militari come condizione preliminare per riprendere i negoziati diplomatici. In un’intervista alla BBC, il vice ministro degli Esteri Majid Takht-Ravanchi ha dichiarato che l’amministrazione Trump avrebbe espresso, tramite mediatori, l’intenzione di tornare al dialogo, ma senza chiarire la propria posizione sulle azioni militari: "Devono essere molto chiari su cosa intendono offrirci per costruire fiducia".
Takht-Ravanchi ha criticato duramente i raid americani contro i siti nucleari, che hanno causato l'annullamento del sesto round di colloqui indiretti a Muscat. Interrogato sulla possibilità che Teheran possa modificare il proprio programma in cambio della revoca delle sanzioni e nuovi investimenti, ha replicato: "Perché dovremmo accettare una proposta del genere?", ribadendo che l’arricchimento al 60% è finalizzato a "scopi pacifici". Ha anche definito "ridicolo" il sostegno europeo agli attacchi statunitensi e israeliani: "Chi ci accusa dovrebbe prima condannare il modo in cui veniamo trattati. E se non hanno il coraggio di criticare l’America, allora dovrebbero tacere".
Sull’eventualità di un cambio di regime, il diplomatico ha riferito che Washington avrebbe assicurato, tramite mediatori, di non voler colpire la Guida Suprema Ali Khamenei. Ha poi respinto ogni ipotesi di rivolta popolare come "esercizio futile": "Anche chi critica il governo, di fronte a un’aggressione esterna, si unirebbe per contrastarla".
Infine, Takht-Ravanchi ha parlato della tregua con Israele, definendola fragile ma ancora in vigore "finché non ci saranno nuovi attacchi militari". Ha aggiunto che gli alleati arabi del Golfo stanno lavorando per favorire il dialogo: "Non vogliamo la guerra. Vogliamo la diplomazia, ma dobbiamo essere pronti e cauti, per non essere colti di sorpresa un'altra volta".