Salvini: Non ritiro la querela contro Saviano, parole gravi e diffamatorie

Matteo Salvini ha confermato in aula di voler andare avanti con la querela per diffamazione nei confronti di Roberto Saviano, a causa di alcuni post pubblicati dallo scrittore nel giugno 2018. “Ho ritenuto offensivo il post in cui venivo definito ‘ministro della mala vita’”, ha dichiarato il leader della Lega, ascoltato oggi nel processo in corso presso il Tribunale monocratico di Roma.
Salvini, che nel 2018 era appena stato nominato ministro dell’Interno, ha spiegato che i contenuti pubblicati da Saviano facevano riferimento a una presunta contiguità con la ‘ndrangheta. “Un'accusa gravissima, che mi fa orrore. Sono abituato alla critica politica, ma definirmi ‘amico della ‘ndrangheta’ non lo accetto”, ha precisato durante l’udienza, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco.
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L’espressione “ministro della mala vita” è al centro dell’imputazione. Secondo l'accusa, Saviano avrebbe offeso la reputazione di Salvini con post ampiamente diffusi sui social, dove lo scrittore conta milioni di follower. Salvini ha sottolineato come i post siano ancora oggi gravi: “Me li sono riletti dopo sette anni. Erano pesanti e totalmente infondati”.
Il ministro ha ribadito la sua intenzione di non ritirare la querela: “La mia priorità è sempre stata la lotta alla mafia. Le parole di Saviano sono state un attacco personale e istituzionale”.
Sulla questione delle scorte, Salvini ha ricordato: “Anch’io vivo sotto scorta da anni, non lo considero un privilegio. Da ministro non ho fatto nulla per ledere Saviano”.
A margine dell'udienza, Salvini ha raccontato un episodio avvenuto in aula: “Gli ho stretto la mano e lui mi ha detto ‘vergognati’. È stato maleducato, ma non è certo un reato”. Infine, ha aggiunto: “Non ce l’ho con lui, ma essere accusato di mafiosità è inaccettabile. Da ministro, da padre e da cittadino, so di aver combattuto i clan”.