Migranti, maxi truffa sul click day: così la camorra aggirava il decreto flussi

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Computer di ultima generazione, connessioni ultraveloce in fibra, esperti informatici e identità digitali SPID: era questo l’arsenale usato da un’organizzazione criminale con base nella provincia di Napoli per manipolare il sistema del click day per i permessi di soggiorno, previsto dal Decreto flussi. Secondo l'inchiesta condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, la rete avrebbe favorito anche interessi legati al clan Fabbrocino, gruppo camorristico attivo nell’area Nolana.

L’indagine, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Michele Del Prete e dal sostituto Giuseppe Visone, ha preso in esame oltre 40mila domande di permesso di soggiorno presentate a partire dal 2023. Il sistema truffaldino è emerso come una macchina organizzata, capace di inquinare le graduatorie digitali e generare un giro d’affari illecito da milioni di euro.

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L’inchiesta ha attirato l’attenzione della premier Giorgia Meloni, che ha ricordato di aver presentato un anno fa un esposto alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo per denunciare gravi irregolarità nel sistema. “Avevamo ragione e il dovere di denunciare”, ha dichiarato la presidente del Consiglio, sottolineando come in molti all’epoca l’avessero accusata di propaganda.

Nel corso dell’operazione condotta dalla Squadra mobile di Napoli, sono state arrestate 34 persone: 11 in carcere e 23 ai domiciliari. Gli indagati in totale sono 45, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, estorsione con metodo mafioso, falso ideologico e truffa.

Al vertice dell’organizzazione figurerebbero tre avvocati. Uno di loro avrebbe acquistato una Ferrari con i proventi dell’attività illecita, poi sequestrata dalla Polizia di Stato. Il sistema prevedeva una fitta rete di complicità: dai procacciatori di migranti — principalmente originari del Bangladesh — ai CAF utilizzati per l’inoltro delle domande, fino agli imprenditori compiacenti che fornivano le identità digitali SPID simulando l’assunzione di manodopera straniera.

Grazie alla connessione super veloce, venivano caricate in simultanea decine di domande, scavalcando chi aveva realmente bisogno di regolarizzazione. Dopo circa 30 giorni e in assenza di risposte, il meccanismo del silenzio-assenso faceva scattare il nulla osta, avviando così la richiesta del visto.

Ogni pratica aveva un costo compreso tra i 2.000 e i 10.000 euro, a seconda dello stadio dell’iter. Su 160mila domande presentate in Italia, circa 40mila sono state gestite in Campania, di cui circa 4mila dalla rete criminale sgominata tra San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano.