Scoperta storica del telescopio James Webb: osservate per la prima volta nubi di sabbia su esopianeti
Una scoperta rivoluzionaria che apre nuove frontiere nella ricerca spaziale: il telescopio James Webb ha osservato per la prima volta nubi di sabbia su un esopianeta, offrendo uno sguardo mai visto prima sugli ambienti extraterrestri. Questa innovazione, pubblicata su Nature, rappresenta un passo avanti fondamentale nello studio della formazione planetaria e dei processi atmosferici oltre il nostro sistema solare.

Un team internazionale di astronomi ha osservato per la prima volta nubi di sabbia nell’atmosfera di un esopianeta, grazie ai dati raccolti dal telescopio spaziale James Webb (JWST). I risultati, pubblicati sulla rivista Nature, segnano un passo importante nello studio della formazione planetaria e nella comprensione dei processi atmosferici in ambienti extrasolari.
I protagonisti della scoperta sono due pianeti giganti gassosi, YSES-1 b e YSES-1 c, che orbitano attorno alla giovane stella YSES-1, situata a circa 300 anni luce dalla Terra, con un’età di appena 16,7 milioni di anni. Le osservazioni sono state guidate dall’astrofisica Kielan Hoch dello Space Telescope Science Institute di Baltimora.
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Grazie alla tecnica dell’imaging diretto, resa possibile dalla grande distanza dei due pianeti dalla loro stella (tra 5 e 10 volte quella tra il Sole e Nettuno), il JWST ha potuto analizzare la luce proveniente da entrambi i corpi celesti. In particolare, su YSES-1 c sono state rilevate nubi di silicati ad alta quota, composte da minerali come pirosseno ricco di ferro, bridgmanite (MgSiO3) e forsterite (Mg2SiO4), che conferiscono un colore rossastro all’atmosfera del pianeta.
La coautrice dello studio, Valentina D’Orazi, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dell’Università di Roma Tor Vergata, ha spiegato che queste nubi si comportano in modo simile a quelle terrestri, seguendo un ciclo di sublimazione e condensazione, ma con la sabbia al posto dell’acqua. Questo fornisce nuovi indizi sui meccanismi chimici e fisici delle atmosfere esoplanetarie.
YSES-1 b, il secondo pianeta del sistema, presenta un disco circumplanetario ricco di granelli di olivina con dimensioni inferiori al micron. Questo materiale, rilevato per la prima volta con emissione diretta di silicati, suggerisce la presenza di un processo di formazione tramite collisioni tra piccoli corpi detti planetesimi. Si tratta di una scoperta significativa, considerando che finora erano stati identificati solo altri due dischi circumplanetari simili.
I due pianeti possiedono masse imponenti: circa 14 volte quella di Giove per YSES-1 c e 6 volte per YSES-1 b. Le osservazioni con il JWST confermano la sua capacità di fornire dati spettrali di altissima qualità, anche in condizioni complesse come quelle dell’imaging diretto, aprendo nuove strade nello studio delle atmosfere e degli ambienti circumstellari.
Questa è la prima volta che vengono osservate direttamente nuvole di silicati in un esopianeta specifico. Una previsione già teorizzata, ma finora mai confermata con misurazioni spettroscopiche dirette. Secondo D’Orazi, questi risultati rafforzano l’idea che la composizione delle nubi e dei dischi circumplanetari giochi un ruolo cruciale nell’evoluzione chimica dei pianeti, e ribadiscono la necessità di modelli atmosferici avanzati per interpretare le nuove osservazioni ad alta precisione fornite da strumenti come il JWST.