Pentagono ordina l'espulsione di mille militari transgender: 30 giorni per dimettersi volontariamente

USA – Il Pentagono ha dato il via all'espulsione di circa 1.000 militari transgender che si sono dichiarati apertamente, concedendo agli altri 30 giorni per dimettersi in modo volontario. La nuova direttiva, pubblicata ieri, segue la decisione della Corte Suprema che ha approvato la reintroduzione del divieto di servizio per i militari transgender, sostenuto dall’amministrazione Trump.
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Secondo il Dipartimento della Difesa, al 9 dicembre 2024 risultano diagnosticati con disforia di genere 4.240 membri delle forze armate, compresi attivi, riservisti e Guardia Nazionale, su un totale di circa 2 milioni di militari. La direttiva riprende un precedente ordine del febbraio scorso, sospeso in seguito a ricorsi legali. Dopo quella sospensione, circa mille militari hanno scelto di dichiararsi transgender.
Il portavoce del Pentagono Sean Parnell ha spiegato che queste persone saranno soggette a un "processo di separazione volontaria". Tuttavia, secondo il Guardian, molti di loro si trovano di fronte a una scelta imposta. Rae Timberlake, militare della Marina con 17 anni di servizio e portavoce dell'organizzazione Sparta Pride, ha affermato che "non si tratta di una scelta volontaria, ma di una decisione presa sotto pressione", aggiungendo che il rifiuto dell'uscita rischia di comportare la perdita della pensione, delle indennità e del congedo onorevole.
Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha difeso la direttiva, definendola parte del piano dell'amministrazione per eliminare "debolezza e ideologia woke" dalle forze armate. Il provvedimento si colloca nel contesto di una più ampia stretta sui diritti delle persone transgender promossa da Trump, che comprende anche restrizioni all’assistenza sanitaria per i veterani LGBTQ+.