Addio a James Foley, regista di House of Cards e 50 sfumature, morto a 71 anni

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James Foley è morto a 71 anni nella sua casa di Los Angeles dopo una lunga battaglia contro un tumore al cervello. Regista raffinato e poliedrico, ha segnato il panorama di cinema, televisione e videoclip musicali per oltre trent’anni. A comunicarne la scomparsa è stato il suo agente, parlando di una “morte serena nel sonno”.

Nato a New York il 28 dicembre 1953 e cresciuto a Brooklyn, Foley si trasferì in California per studiare cinema. Fu notato dal regista Hal Ashby durante gli anni universitari: un incontro che, pur senza concretizzarsi in un progetto, lo introdusse nell’industria cinematografica.

Il debutto alla regia arrivò nel 1984 con Amare con rabbia, ma fu la collaborazione con Madonna a lanciarlo nel mainstream: diresse videoclip iconici come Papa Don't Preach, True Blue e Live to Tell, oltre al film Who's That Girl? (1987). Nel 1986 firmò A distanza ravvicinata, con Sean Penn e Christopher Walken, mentre nel 1992 ottenne un riconoscimento globale con Americani (Glengarry Glen Ross), tratto da David Mamet, con un cast stellare tra cui Al Pacino, Jack Lemmon e Kevin Spacey.

Negli anni successivi alternò successi come Paura (1996) con Mark Wahlberg e Reese Witherspoon, Confidence (2003) con Dustin Hoffman, e titoli meno fortunati come Perfect Stranger (2007). Dopo una pausa dal grande schermo, ritrovò slancio grazie alla televisione: fu chiamato da David Fincher per dirigere 12 episodi della serie House of Cards (2013-2015), e collaborò poi con Billions.

Nel 2017-2018 tornò al cinema con i capitoli finali della trilogia Cinquanta sfumature: Fifty Shades Darker e Fifty Shades Freed, basati sui romanzi di E.L. James. Durante tutta la carriera ha evitato le etichette, dichiarando di scegliere progetti che lo attraevano, anche a rischio di insuccessi. Il suo cinema ha raccontato spesso figure maschili marginali e disilluse, immerse in dinamiche di potere e tradimento.

Foley era noto anche per il suo rapporto diretto con gli attori, che considerava parte essenziale della riuscita di un’opera.