Recensione Indiana Jones e l’Antico Cerchio

recensione indiana

Con Indiana Jones e l’Antico Cerchio, MachineGames tenta un’impresa audace: tradurre l’immaginario cinematografico più iconico del XX secolo in un’esperienza interattiva su PlayStation 5. È un videogioco che non cerca soltanto di rendere giustizia al mito di Indy, ma vuole anche affermarsi come pietra miliare nell’action-adventure in prima persona. Supportato da Bethesda e impreziosito da un’interpretazione sorprendente di Troy Baker nei panni del celebre archeologo, il titolo si propone di colmare quel vuoto lasciato da Uncharted e Tomb Raider, con un’identità più narrativa e meno sparatutto. E ci riesce? Quasi sempre sì, anche se alcune scelte nel gameplay lasciano spazio a riflessione e critica.

Recensione Indiana Jones e l’Antico Cerchio

Storia

Ambientato nel 1937, un anno dopo I Predatori dell’Arca Perduta, il gioco si apre con una sequenza quasi intima: Indy svegliato da un’intrusione al Marshall College. Da quel momento, la vicenda si sviluppa in un crescendo avventuroso che porta il giocatore tra le cripte del Vaticano, i deserti d’Egitto, le rovine di Siam e le vette innevate dell’Himalaya, in una corsa contro il tempo per impedire che i nazisti ottengano il potere dell’Antico Cerchio. La scrittura è solida, sapientemente cucita all’interno del canone della saga, e riesce ad inserire eventi e personaggi senza forzature.

Un plauso speciale va al personaggio di Gina Lombardi, co-protagonista italo-americana, che si affianca a Indy con una miscela di grazia, autonomia e ironia. Non è una semplice “Jones girl”, ma un’alleata concreta, ben caratterizzata e mai subordinata. Il villain principale, Emmerich Voss, è un antagonista subdolo, intelligente, strategico, più simile a Zemo che a un classico gerarca nazista. La sua ambiguità morale e la sua compostezza lo rendono uno dei migliori nemici mai scritti per il franchise.

Recensione Indiana Jones e l’Antico Cerchio

Gameplay

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è un action-adventure in prima persona che, al di là di brevi sezioni in terza persona (per azioni contestuali come l’uso della frusta), costruisce la propria identità attorno a esplorazione, enigmi ambientali e meccaniche emergenti. La mappa di gioco è suddivisa in aree semi-aperta, piene di dettagli, segreti, collezionabili e missioni secondarie. La struttura ricorda quasi un Metroidvania light, dove alcuni oggetti chiave, acquistabili dai mercanti locali, sbloccano possibilità esplorative nelle sezioni successive.

La frusta è centrale: non solo come arma ma come strumento. Serve per disarmare, per oscillare, per attivare leve. Eppure la sua gestione risulta a volte goffa, soprattutto nei momenti più frenetici. Il combattimento corpo a corpo è grezzo, ma funziona grazie a un sistema di stamina, schivate e combo che evoca il feeling dei picchiaduro a scorrimento anni ‘80. I momenti con le armi da fuoco sono rari e volutamente poco incentivati: la scelta è narrativa, ma penalizza il potenziale del gunplay, considerando il pedigree degli sviluppatori (Wolfenstein docet).

Gli enigmi rappresentano forse il punto più alto del gameplay: mai banali, spesso integrati perfettamente nel contesto archeologico, con riferimenti a cifrari, manoscritti e simbologie storiche. Alcuni richiedono perfino carta e penna, e ciò restituisce l’autenticità della professione di Indy.

Recensione Indiana Jones e l’Antico Cerchio

Comparto Tecnico

Su PlayStation 5 il gioco è una gioia per gli occhi. Il gioco gira a 60 fps fissi e supporta il ray-tracing. Ha una risoluzione dinamica e una illuminazione dettagliata che restituisce ambientazioni fotorealistiche. Mentre il lavoro sulle superfici dona profondità e atmosfera a ogni scena. Il DualSense è sfruttato bene, con feedback adattivi durante il combattimento e per gadget come l’accendino o la fotocamera, anche se lascia l’amaro in bocca il mancato utilizzo dei grilletti adattivi per la frusta.

Dal punto di vista prestazionale, il titolo è stabile: nessun calo di frame, caricamenti rapidi, e una fluidità generale impeccabile. I modelli dei personaggi sono eccellenti, in particolare Indy, che rinasce sullo schermo con il volto di Ford e la voce straordinaria di Troy Baker. Quest’ultimo si supera: non imita Harrison Ford, ma lo incarna con rispetto, aggiungendo profondità e sfumature al personaggio, senza mai scivolare nella caricatura.

Recensione Indiana Jones e l’Antico Cerchio

Conclusioni

Indiana Jones e l’Antico Cerchio è un tributo colto, avvincente e visivamente splendido all’universo di Indy. Riesce a catturare l’essenza dell’avventura classica, regalando ai fan un’esperienza ricca di fascino, mistero e senso della scoperta. Alcune scelte nel gameplay, come il combattimento meno rifinito o il sottoutilizzo delle armi da fuoco, limitano leggermente il suo potenziale, ma ciò non toglie valore a un’opera che brilla per scrittura, atmosfera e originalità. È un gioco che non solo omaggia il passato, ma lo riscrive in chiave moderna.

Voto finale: 9/10

Recensione Indiana Jones e l’Antico Cerchio

Pro

  • Narrazione coinvolgente e rispettosa del canone
  • Enigmi ambientali ben pensati e immersivi
  • Ambientazioni spettacolari e dettagliate
  • Performance magistrale di Troy Baker

Contro

  • Combattimento corpo a corpo migliorabile
  • Gunplay poco sfruttato
  • Gestione degli oggetti secondari macchinosa
  • Frusta non sempre reattiva come dovrebbe

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