Giulia Cecchettin: 300 messaggi al giorno e app spia, la mancata accusa di stalking solleva polemiche

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Filippo Turetta, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Giulia Cecchettin, aveva inviato circa 300 messaggi al giorno alla vittima, raggiungendo un totale di 225 mila in due anni. Tra questi, contenuti ossessivi e minacciosi: «La tua vita dipende dalla mia» o «Te la farò pagare per sempre». Oltre ai messaggi, Turetta utilizzava app spia per monitorare Giulia, controllava i suoi follower, organizzava incontri inaspettati e attuava comportamenti fisici sgraditi. Nonostante ciò, la Corte d'Assise di Venezia non ha riconosciuto il reato di stalking, suscitando critiche e indignazione.

Elena Cecchettin, sorella della vittima, ha definito la decisione un'offesa alle donne e una mancanza di rispetto verso la famiglia. Secondo l'accusa, i comportamenti di Turetta avevano provocato paura e ansia nella vittima, come dimostrano audio e messaggi in cui Giulia esprimeva il timore per la propria sicurezza. Tuttavia, secondo la difesa, tali elementi non sarebbero sufficienti per configurare lo stalking, in quanto la vittima non avrebbe manifestato un cambiamento significativo nelle sue abitudini di vita.

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L’avvocato di Turetta ha argomentato che, nonostante l'ossessione evidente, mancavano le condizioni previste dalla legge per l’accusa di atti persecutori. Giulia continuava a svolgere le sue attività quotidiane, mantenendo amicizie e frequentando concerti anche con l’imputato. Questa linea di difesa potrebbe aver influenzato la decisione della Corte.

L'avvocata Elena Biaggioni di D.i.Re (donne in rete contro la violenza) ha contestato tale visione, sottolineando come ogni vittima reagisca in modo diverso alla violenza, spesso nascondendo il proprio stato di paura per evitare reazioni peggiori. Per comprendere le motivazioni dei giudici, bisognerà attendere i prossimi 90 giorni, periodo in cui saranno rese note le motivazioni della sentenza.