Fermiamo le guerre: mobilitazioni in sette città italiane per la pace

Il 26 ottobre 2024 si è svolta una mobilitazione nazionale contro i conflitti armati, promossa da organizzazioni come Europe for Peace, Rete Italiana Pace Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, Sbilanciamoci e AssisiPaceGiusta, supportata da oltre 350 associazioni civili. Con il messaggio Fermiamo le guerre, il tempo della pace è ora, i cortei hanno attraversato sette città italiane: Bari, Cagliari, Firenze, Milano, Palermo, Roma e Torino. Le richieste principali includono il cessate il fuoco immediato a Gaza e in altre aree in conflitto come l'Ucraina, il rispetto dei diritti umani e l’avvio di una conferenza di pace dell'ONU.
A Roma, il corteo ha avuto inizio dalla Piramide Cestia, con la partecipazione di esponenti di spicco della società civile e politica come il segretario generale della CGIL Maurizio Landini e i politici Nicola Fratoianni e Nicola Zingaretti. A Milano, i manifestanti si sono radunati sotto una pioggia battente all’Arco della Pace per proseguire fino a piazza della Scala, portando bandiere palestinesi, libanesi e striscioni contro ogni guerra. Hanno aderito rappresentanti di associazioni cattoliche, sindacati come la CGIL e vari esponenti politici della sinistra, tra cui i Verdi e Sinistra Italiana.
In entrambe le città, i partecipanti hanno espresso il loro dissenso verso l’aumento delle spese militari, la produzione e diffusione di armi nucleari e l’invio di armi nei paesi in guerra. Alcuni slogan sottolineavano l’urgenza di diritti e dignità universali, con messaggi che univano le identità di popoli in conflitto, come Siamo tutti ebrei e palestinesi, russi e ucraini. I manifestanti richiedono una politica estera improntata alla cooperazione, alla giustizia sociale e alla tutela del diritto internazionale.
A margine della manifestazione, Emanuele Fiano del Partito Democratico ha espresso dissenso verso alcuni striscioni che facevano riferimento a un presunto genocidio a Gaza, sostenendo che non si tratterebbe di una campagna di eliminazione sistematica, ma di una tragedia umanitaria.
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