Virus respiratori - è boom: Colpa anche dell'aria condizionata

Molti di questi condizionatori raffreddano l'aria, ma la spingono anche intorno e in un certo senso 'sigillano' l'edificio, il che potrebbe portare a un aumento della trasmissione dei virus.
Attualità - "Sono tutti malati". Capita a molti di dirlo e sentirlo in questa strana estate che, dopo un lungo periodo in cui le bizze del meteo hanno spaccato in due lo Stivale (caldissimo al Centro-Sud, maltempo e temperature autunnali al Nord), sta facendo registrare ondate di calore record, accompagnate da un singolare boom di infezioni respiratorie. Un fenomeno non solo italiano. Accade anche nel Regno Unito, dove secondo la Health Security Agency i test Covid positivi sono aumentati dal 4% di fine marzo al 14% di fine giugno, con punte del +17% al 10 luglio. Lo riporta il 'Mirror' che sulla questione ha interpellato Allen Haddrell, ricercatore della School of Chemistry dell'università di Bristol.
Per spiegare la recrudescenza di infezioni da Sars-CoV-2, lo scienziato addita diversi fattori - le nuove varianti virali, le vacanze, i viaggi, i maxi eventi con tanta gente assembrata senza più restrizioni o misure di protezione - ma chiama in causa anche uno degli argomenti più divisivi della stagione calda: l'aria condizionata. "Negli uffici - osserva Haddrell - le persone usano l'aria condizionata perché avere una finestra aperta potrebbe non rinfrescare molto l'ambiente. Molti di questi condizionatori raffreddano l'aria, ma la spingono anche intorno e in un certo senso 'sigillano' l'edificio, il che potrebbe portare a un aumento della trasmissione" dei virus. Sarà vero? Interpellato dall'Adnkronos Salute, il virologo Fabrizio Pregliasco ricorda quando "nei momenti più acuti della pandemia l'aria condizionata era stata quasi criminalizzata.
Contro le infezioni respiratorie in generale è necessario fare molta attenzione agli sbalzi
Ora riprende il tormentone", sorride il direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell'università Statale di Milano, che fa un distinguo: "Il potenziale rischio infettivo esiste, come pure alcuni studi iniziali in Cina avevano evidenziato all'epoca dell'emergenza coronavirus. Ma è concreto solo se l'aria condizionata viene mal gestita, senza assicurare un buon ricambio". "I problemi - ragiona Pregliasco - sono legati soprattutto agli impianti industriali nel momento in cui non sono regolati in modo corretto, cioè in maniera che vi sia sì un buon raffrescamento indoor, però con un utilizzo di aria fresca, quindi con una riduzione del riciclo dell'aria".
La gestione corretta dell'aria condizionata fa dunque la differenza, non solo in ufficio: "Anche negli ambienti domestici una buona ventilazione, un ricambio d'aria con l'apertura delle finestre, può aiutare a evitare l'accumularsi negli ambienti chiusi dei droplets", le goccioline respiratorie di 'covidiana' memoria, possibile vettore di virus. "Il ricambio d'aria, insieme alla manutenzione, è l'elemento principale: è un aspetto impiantistico da decidere negli ambienti industriali, mentre a livello casalingo si ottiene assicurando un costante ricambio con l'arieggiamento delle stanze", insiste il medico che richiama infine l'importanza di "un uso responsabile del condizionatore. Contro le infezioni respiratorie in generale è necessario fare molta attenzione agli sbalzi. Serve una climatizzazione prudente nel passaggio caldo-freddo/freddo-caldo - avverte Pregliasco - così da permettere all'organismo un'omeostasi termica, ossia un adattamento lento e progressivo".
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