La Procura di Milano Chiede l'Archiviazione: Caso Cappato e l'Aiuto al Suicidio in Svizzera

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Nell'ambito di un caso legale di risonanza nazionale, la Procura di Milano ha recentemente chiesto l'archiviazione delle accuse di aiuto al suicidio nei confronti di Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni. Queste accuse riguardano due tragici episodi avvenuti in Svizzera nei mesi scorsi, nei quali Cappato aveva assistito due persone nel prendere la decisione di porre fine alle loro sofferenze attraverso il suicidio. Tuttavia, secondo la Procura, questi casi non soddisfano completamente i requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale e l'articolo 580 del Codice Penale italiano.

Il primo episodio coinvolge Elena Altamira, una donna di 69 anni affetta da un tumore ai polmoni metastatico, residente a Spinea, Venezia. Nel mese di agosto del 2022, Cappato l'accompagnò in Svizzera per consentirle di compiere la sua scelta di porre fine alla sua sofferenza, una decisione che ella aveva preso liberamente.

Il secondo caso si verificò nel novembre del 2022, quando Cappato assistette Romano, un uomo di 82 anni affetto da una grave forma di malattia di Parkinson, residente a Peschiera Borromeo, Milano. Romano si trovava in una condizione irreversibile, con forti dolori muscolari e incapacità di svolgere qualsiasi attività in autonomia. Anche in questo caso, Cappato lo accompagnò in Svizzera per aiutarlo a porre fine alle sue sofferenze.

La questione dell'aiuto al suicidio è stata oggetto di attenzione da parte della Corte Costituzionale italiana nel 2019, quando stabilì che l'articolo 580 del Codice Penale era in parte incostituzionale. La Corte sostenne che l'aiuto al suicidio dovrebbe essere non punibile se la persona interessata è in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, soffre di una patologia irreversibile che causa sofferenze insopportabili, ed è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Tuttavia, entrambi i casi assistiti da Cappato mancavano del requisito dei trattamenti di sostegno vitale, in quanto i pazienti li consideravano inutile accanimento terapeutico.

La Procura di Milano ha ritenuto che Cappato abbia permesso alle due persone di esercitare il loro diritto all'autodeterminazione, non essendo in grado di farlo autonomamente. Ora spetta al giudice per le indagini preliminari decidere se accogliere questa interpretazione e archiviare il caso o se rimettere gli atti alla Corte Costituzionale per una nuova valutazione alla luce dell'articolo 3 della Costituzione, che stabilisce l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.

Va sottolineato che la Corte Costituzionale aveva suggerito la necessità di una nuova legge specifica per evitare abusi e proteggere le persone vulnerabili, richiedendo una valutazione delle condizioni del paziente da parte di una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, previo parere del comitato etico competente nella zona. La vicenda continua a suscitare un ampio dibattito sulla questione dell'aiuto al suicidio e sui diritti delle persone malate e sofferenti.