L' indignazione civile non è poi così diversa dall' innamoramento

Chi può vivere tra fiamme perenni? La domanda del profeta mi torna in mente tutte le volte che qualcuno – l’ultima è Anna Foa sulla Stampa di lunedì – lamenta l’intermittenza capricciosa delle indignazioni collettive. Del resto, è ormai un cliché onnipresente: perché ti indigni per Tizio e non per Caio, che è peggio di Tizio? Perché ieri ti accaloravi tanto per una causa, e oggi sembri essertene dimenticato, e riversi tutto il liquido combustibile su un’altra causa? E perché non ti indigni affatto e ostenti distacco ironico, con tutte le scintille che il mondo ti offre per avvampare? Confesso, il mio primo impulso, quando mi imbatto in questi ragionamenti da meccanica dei fluidi sui vasi comunicanti in cui dovrebbe o non dovrebbe scorrere – e in che esatta misura morale – la preziosa miscela dell’indignazione, è quello di rovesciarlo nel solo posto che merita: lo scarico del più vicino lavandino. 🔗 Leggi su Ilfoglio.it

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