La sacerdotessa Chiara Ferragni e la fine del culto dell’identità come merce
Ci si indigna a intermittenza, come termostati che si accendono in automatico non appena si alza di qualche grado la temperatura. Non si tratta di casi isolati, ma di una norma di comportamento che ha fatto dell’indignazione un riflesso pavloviano che ignora il senso delle proporzioni. Così può capitare che un’ influencer finisca per rischiare una condanna a un anno e otto mesi, mentre su dossier ben più pesanti cali un improvviso – per gli interessati provvidenziale – tepore istituzionale. Misteri della giustizia? Più banalmente, misteri del rumore di fondo mediatico, che decide chi portare in prima pagina e chi lasciar scivolare sotto il tappeto. 🔗 Leggi su Lettera43.it
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