Da Arbasino a TikTok o la lenta scomparsa della cattiveria intelligente
«Volendo fare un paragone alla società letteraria, la mia infelice generazione, che aveva vent’anni negli anni Cinquanta, stava peggio, credo. Stava peggio perché ci trovavamo davanti a una società culturale che potrei definire di millepiedi, perché tenevano mille piedi in mille scarpe. Basta ricordare che avevamo davanti, come esempi e come modelli, punto interrogativo, MoraviaGuttuso, PicassoSartre, cioè un grande affannarsi e sbattersi fra il marxismo, l’esistenzialismo, le riviste di moda tipo Vogue, la fenomenologia, quel cinema delle maggiorate tutte chiappe e tette, però anche Santa Romana Chiesa, però anche il premio Stalin, però scrivere e fare in genere le cose abbastanza facili per poter diventare eventualmente bestseller in America e essere venduti nei chioschi degli aeroporti, ma però anche il Corriere della Sera di Missiroli, che è la destra vecchia borghese conservatrice confindustriale, ma però anche l’Unità, Rinascita di Togliatti, e i cardinali e le contesse e i braccianti e il mondariso e oltre le contesse i conti correnti» – interrompo il periodo a metà, perché lo so che non ce la potete fare: vi siete persi al primo anacoluto. 🔗 Leggi su Linkiesta.it
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