Il bipolarismo del web e il significato dimenticato del manicheismo
Si fa presto a dire manicheo. Quante volte ci viene da usare questo epiteto, di fronte ai ferrei aut aut, alle faglie cruente del discorso pubblico contemporaneo. Gli storici delle religioni ti zittiscono subito, ricordando che il manicheismo non era quella roba lì, bianco o nero, o con me o contro di me, o di qua o di là, che era un pensiero ben più sofisticato, una variante della gnosi, un’eresia di élite del cristianesimo delle origini. E che non è colpa di Mani, il fondatore, nato e vissuto vicino a Babilonia, nella terra tra i due fiumi, quasi duemila anni fa, se oggi abbiamo i Trump e i Maduro, i fratelli Sinwar e gli Smotrich, i Travaglio e i Porro, le femministe di fascistella e le loro liste nere, i call out e gli shit storm, gli studenti proPal che negano la parola a Emanuele Fiano e gli invasati proBibi che ti bollano come antisemita se osi dire che non è carino sradicare gli ulivi dei palestinesi, i pacifisti spaccavetrine e i fratellini d’Italia che fanno il karaoke col duce, quelli che Sinner non è un patriota e quelli che gridano scemo ad Alcaraz, i fan di Stasi o di Sempio. 🔗 Leggi su Linkiesta.it
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