Il mito balneare del Novecento e il declino inarrestabile del ceto medio

Nel più sottovalutato film della storia del cinema italiano, “Sapore di mare 2”, l’autista del commendatore gli dice che va in ferie, e quello gli risponde: «L’autista del mio povero babbo andò in ferie dopo averlo accompagnato al camposanto». È a quella scena stupenda che ho pensato osservando Alessandro Zan che scrive «per milioni di italiani le vacanze ormai sono un miraggio», e una tal Stella che smentisce indignata: «Persino la nostra domestica è in vacanza». Con tutta la polvere che ci sarebbe da togliere al camposanto. Mentre il ceto medio complessato si affanna a scrivere ovunque che tutti parliamo della pace nel mondo, a cena in spiaggia al tavolo da bridge sul campo di padel, non abbiamo altro argomento di conversazione e causa di insonnia, la verità è che alle disgrazie del mondo non ci pensa nessuno che non abbia una telecamera accesa in faccia, e il tema di conversazione del momento è l’apparente contraddizione tra l’eccesso d’umanità ovunque e il lamento per le spiagge vuote. 🔗 Leggi su Linkiesta.it

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