Gender theory e decostruzione dell' identità ebraica

Quando, nell’autunno del 2023, si avvistarono i primi cartelli con la scritta Queers for Palestine, ne seguì un diluvio di meme più o meno spiritosi – dai Polli per il Kentucky Fried Chicken ai Neri per il Ku Klux Klan – e la cosa fu archiviata lì. Un po’ di curiosità in più avrebbe giovato, e magari un’occhiatina ai sacri testi della fondatrice. Sostiene Bruno Chaouat ( Is Theory good for the Jews?, Liverpool University Press, 2020) che bisogna essere davvero molto miopi per non riconoscere nella decostruzione dell’identità ebraica compiuta da Judith Butler alcuni topoi della gender theory. Chaouat si sofferma in particolare sul commento che Butler, in Strade che divergono, dedica a una lettera del luglio 1963 di Hannah Arendt a Gershom Scholem, in cui la filosofa antitotalitaria dice che l’essere ebrea è uno dei “dati di fatto indiscutibili” della sua vita, e che negarlo “sarebbe stato come dire che ero un uomo e non una donna – cioè qualcosa di insensato”. 🔗 Leggi su Ilfoglio.it

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