I brand hanno scoperto che la pubblicità woke non funziona più
Da quando esiste, la pubblicità si adatta al contesto culturale dominante. Qualche volta lo intuisce prima del pubblico, come fece la campagna “Think Small” di Volkswagen nel 1959, che anticipò la crisi del consumismo con un’estetica ironica e dissonante tipica degli anni Sessanta. Altre volte la pubblicità si accoda con ritardo, come lo spot della Coca-Cola nel 1971, il celebre « I’d like to buy the world a Coke » ( girata in Italia ). Quello spot mise in scena l’utopia multiculturale solo quando il movimento hippie era già stato inglobato dal mercato e svuotato della sua carica sovversiva. Spesso però la pubblicità fraintende del tutto il suo tempo. 🔗 Leggi su Linkiesta.it
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«Facevo le pubblicità e mi chiamavano col nome del brand che pubblicizzavo. È stato difficile. Avevo poche amiche» ha detto a "Verissimo" l'attrice che dal 27 maggio torna in tv con "Doppio Gioco" - A lessandra Mastronardi si è raccontata senza filtri a Verissimo, parlando di bullismo al liceo, della carriera che l’ha portata da I Cesaroni a Woody Allen, e della sua rinascita personale con la nuova fiction Doppio Gioco, in onda su Canale 5 dal 27 maggio.
Pubblicità e inclusione: italiani sempre più critici verso stereotipi di genere ed età, ma chiedono coerenza e autenticità ai brand - Il 79% degli italiani non si riconosce nel modo in cui la pubblicità racconta il proprio genere, mentre la percentuale sale all’81% quando si parla di età.
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